giovedì 28 novembre 2013

Scalando la Grande Muraglia

Ero infreddolita e in dormiveglia, sul nostro pulmino che da Pechino ci portava alla Grande Muraglia: non pensavo che l'avremmo vista già dall'autostrada.... ma eccola lì, la Sovrana d'Oriente, superba ed imponente, che dava piccoli accenni della sua grandezza.

Un bel venticello freddo freddo aveva pulito il cielo, sicché la Grande Muraglia non si perdeva dopo pochi metri nella nebbiolina montana, lasciando una bella visibilità. Arrampicata sui monti, morbida e sinuosa proprio come un drago cinese, dall'ingresso del 'punto zero', non sembrava così impervia: con il naso gelato all'insù, ipotizzavo dove sarei potuta arrivare. Ipotizzavo.

Infatti già dai primi scalini stavo cominciando a capire che forse la salita era in realtà una scalata, ovvero un'impresa, per me che l'unico sport che pratico è il sollevamento della spesa, alternato alla battitura della tastiera...Eppure, mentre sentivo le gambe rimproverarmi acidamente per lo sforzo che stavo imponendo loro, riuscivo a guardarmi intorno e pensare: 'Cavolo sono a spasso sulla Grande Muraglia!'

Con i miei compagni di scalata abbiamo presto preso ritmi diversi, trovandoci nei rari piani dov'era possibile riposare. Proprio su uno di questi ho fatto quello che non dovevo fare: bere una bella sorsata d'acqua a temperatura ambiente, cioè gelida, mentre ero felicemente accaldata sotto strati di felpe e piumino. Così dissetata mi sono avventurata su un tratto quasi in verticale, non di scalini, ma di ripida salita.

Aiutata dal passamano ad altezza cinese (...), più di una volta ho pensato che conveniva salire tipo Spiderman, come alcuni cinesi giocando si facevano fotografare, che però, con le loro spiritose pose plastiche, occupavano spazio, spezzando il ritmo di noi scalatori a seguire...

Dal basso vedevo Laura e Giuseppe che mi aspettavano, lei soprattutto mi guardava preoccupata: pare sia arrivata da loro bianca come un cencio. In effetti avevo un certo desiderio di sporgermi dai merli e rimettere l'anima a Dio, sebbene non capissi perché: Giuseppe sentita della bevuta fredda mi ha illustrato la quasi congestione che mi sono quasi procurata....

Riposata e con nuovo colorito, si decide di tornare al 'punto zero', anche perché si stava facendo orario di rientro. E a quel punto vedo aprirsi sotto di me piccoli baratri di mattoni e solo con quella prospettiva mi sono veramente resa conto di quanto sia ripida la Grande Muraglia: impossibile non chiedersi come abbiano fatto i piccoli cinesi a salire e scendere con armatura e armi, magari correndo, magari con neve o ghiaccio a rendere tutto scivoloso...

Insomma, nonostante la mia incauta bevuta, e l'acido lattico che già sentivo nelle gambe (sconfitto con un po stretching nel corso della giornata, come suggeritomi dall'altra compagna, Marisa), la scalata della Grande Muraglia è stata un'esperienza intensa ed emozionante, mentre le montagne asiatiche chiudono un orizzonte merlettato dalla Sovrana d'Oriente.

giovedì 21 novembre 2013

Due Giorni a Pechino

A ridere, io e Laura a ridere forte, per strada nel cuore di Pechino, mentre Giuseppe, sconcertato, guardava andar via il terzo taxi che si era rifiutato di riportarci in hotel.
Eravamo all'uscita del hutong commerciale, sul lago Houhai di Pechino, dove i vicoletti caratteristici della città sono stati trasformati in negozietti turistici; eravamo liberi dalla guida, che alla fine si era rassegnata a lasciarci andare per la nostra curiosità, non di shopping, ma di vicoletti. 
Giuseppe era già stato a Pechino, e voleva rivedere gli hutong caratteristici, con le casette tipiche cinesi, le loro botteghe, tutto ammucchiato l'uno sull'altro, mentre io e Laura, la prima volta a Pechino, ne eravamo curiose... Siamo state accontentate in parte: in quell'area commerciale, anche i vicoletti che non lo sono stanno per esserlo, mentre dove per il momento i negozi turistici non arriveranno, la fredda sera di domenica ci accompagnava nell'hutong che ricordava i nostri borghi medievali, tra gatti sui tetti (ebbene sì, ci sono gatti a Pechino: non se li mangiano, non più...) e il suono dei nostri passi che ci accompagnava, rarissimi passanti cinesi, mentre tra una casetta e l'altra strettissimi vicoli che scomparivano nel buio: le botteghe assenti, forse a riposo settimanale o forse in quell'area soppresse completamente... forte la sensazione, quasi certezza, che i veri hutong siano ben altro.

Ma il tempo incalzava, e come Cenerentola, dovevamo tornare in hotel. Tranquilli ci fermiamo nella strada principale, fuori l'hutong, e vedendo molti taxi passare, eravamo sereni: bisognava individuare i taxi liberi. Dopo poco ho capito: un doppio ideogramma rosso al centro del cruscotto è il segnale, per farli fermare il gesto internazionale del braccio svolazzante. Ma... presentata la carta dell'hotel, scritta in cinese, ben tre taxisti ci hanno rifiutato perché non conoscevano la strada.Soli a Pechino, apparentemente impossibilitati a tornare in hotel: io e Laura ridevamo... alla fine abbiamo trovato un autista intraprendente, che ha chiamato in hotel per farsi dire la strada e ci ha portati in venti minuti. Spesa? due euro, forse.

Sicuramente questo è stato l'episodio per cui ricorderò Pechino, che devo dire, mi è piaciuta più di Shanghai.

Anche qui grattacieli enormi, ma più creativi di quelli di Shanghai, alternati a palazzine 'normali', in cui, m'è parso, ma forse sbaglio, gli spazi sono meno compressi: mi è sembrato ci fosse più 'aria', ma forse solo perché il tempo è stato particolarmente clemente: un venticello bello freddo ci ha accompagnato nei giorni pechinesi, liberando il cielo da nuvole e smog, mostrando una Pechino solare e graziosa.

Ma per quanto bello possa essere un cielo terso, la gigantesca piazza di Tien an men fa una certa impressione, soprattutto se c'è in sfilata l'esercito.... e poco importa che dopo attraversata sei dentro l'imponente Città Proibita: l'aspetto marziale è forte, i cinesi maleducati -quando sono in massa- in visita troppi, per goderti sul serio la bellezza dell'architettura cinese che si apre alla fine della piazza. Eppure, entrando nel vecchio Tempio degli Antenati, sono rimasta letteralmente a bocca aperta: un tripudio di maestria ebanista unita all'ingegneria architettonica hanno prodotto il soffitto ligneo più bello che abbia mai visto... 

A Pechino naturalmente c'è molto altro da vedere, altri templi e strade di grattacieli con le più note griffe di moda, c'è il Palazzo d'Estate per una gradevole passeggiata nel verde, ci sono i negozietti di falso nascosti in un parcheggio tre pieni sotto la strada, visitato di notte, in cui ti senti sicuro solo perché ti porta la guida... Una guida che sicuramente ci ha regalato ottimi pasti, portandoci in ristoranti di ottima qualità, ma non turistici.

E poi, poco lontano, c'è la Grande Muraglia. Ma questo è un altro post...

domenica 29 settembre 2013

C'Era una Volta la Galleria Nazionale d'Arte Moderna

Era bella la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Entravi e t'immergevi nel tempo: passeggiare nelle sale era come passeggiare nel tempo, accompagnato dal graduale cambio di sensibilità artistica, stile pittorico e narrazioni sociali. Ti accoglievano gli ultimi scampoli del classicismo settecentesco, e poi pian piano  l'ottocento italiano andava a sgranarsi nelle varie declinazioni che prendevano spunto dalle novità artistiche, storiche e scientifiche dell'epoca.

Così d'improvviso ti trovavi circondato dal simbolismo del Divisionismo di Previati, o letteralmente intimidito dalle tele monumentali di Fattori, fino a conoscere le opere di un Balla ante Futurista, o di un Boccioni innamorato dei colori delle periferie cittadine; ma la cosa sembrava del tutto naturale, non parevano esserci fratture... poi salivi le scale per andare al secondo piano e lì sì, c'era la frattura, ma anche quella artistica, necessaria: eri nella sala futurista, nel cuore dell'Avanguardia che più di tutte volle rompere con la tradizione tutta dell'arte. Secondo piano che continuava con l'esposizione di quello che ne seguì, senza che sto qui a raccontare di tutte le correnti del Novecento, piene di idee, ripensamenti, innovazioni e provocazioni.

Era bella così la Gnam, fruibile anche a chi di arte ne capiva poco e niente, chiara e snella da illustrare a chi desidera lezioni in loco: in ogni sala affrontavi cronologicamente i singoli passaggi e la spiegazione, alla fine della visita, risultava chiara ed omogenea. Ed era una bella soddisfazione vedere che poi le idee erano più chiare. Perché l'arte moderna è un rebus per tantissima gente, ovvero per tutte quelle persone che non hanno una spiccata curiosità che li abbia portati ad approfondire l'arte, al di là del percorso scolastico -che in Italia è così colpevolmente limitato -.

Se prima, di fatto la Gnam era come un libro illustrato, 'leggibile' da tutti, ora viene sottolineato il concetto che o sai cosa sei venuto a vedere, oppure il senso dell'allestimento museale  è del tutto enigmistico: nella sala de 'La Guerra' troviamo in mostra opere del macchiaiolo Fattori a mezzo metro dal futurista Dottori (attendo fiduciosa spiegazione sulla scelta della logistica espositiva).

Questa la storia della risistemazione, per come l'ho capita : per festeggiare il centenario della Galleria, un paio d'anni fa, la soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli, e Federico Lardera stravolgono il vetusto concept della 'vecchia' Gnam, decidendo, con vero colpo di genio, d'ispirarsi alle gallerie internazionali d' Arte Moderna, con un occhio particolare al Moma di New York, e realizzando delle sale tematiche.

Sale tematiche che quindi superano il vecchio concetto di progressione cronologica, e tenute insieme da concetti tipo 'La questione sociale', 'L'eroe e il superuomo', o ancora 'Fra avanguardia e tradizione'... tutto questo però vorrebbe che ci fosse almeno uno di due presupposti essenziali: sapere di cosa si sta parlando, o trovare un vero ed esaustivo pannello informativo all'ingresso di ogni sala.  Questo, ovviamente, se si vuole rendere autonomi i visitatori... ma tant'è niente pannelli veri ed esaustivi, sicuramente a favore di una fiducia sconfinata nella cultura dell'italico medio.

Non solo: appena entri ti trovi catapultato in una ampia zona dove trovano collocazione, tra le altre, alcune opere controverse di Burri e Fontana. Ovviamente i miei 'accompagnati' hanno avuto un immediato senso di rifiuto: come fai a spiegargli il Concetto Spaziale di Burri, se devono ancora vedere Pellizza da Volpedo? Che per carità, fa bella mostra di sé in chiave prospettiva nella nuova economia di allestimento... ma...

Morale della favola: abbiamo perso un'altra occasione per rendere la cultura accessibile a tutti e non solo ad una elite.
Complimenti.

lunedì 24 giugno 2013

Tertiveri e Irene, la Masseria


All'ombra del monte Cornacchia, dove inizia la Puglia, ma Puglia di ulivi immensi e terra rossa ancora non è, trovi una campagna ruvida ma morbida, dove la storia, una volta, si fermò. Una storia scritta da Federico II, che proprio nella Daunia ha voluto il suo castello più enigmatico.

Di quei tempi, oltre Castel del Monte, son rimaste torri diroccate, racconti e suggestioni  magiche. Così, non lontano da Lucera, tra campi coltivati e vigneti, ci si ritrova nella contrada Tertiveri, piccolissimo borgo, frazione del paese di Biccari. Una fila di abitazioni restaurate su una strada, un'altra fila all'incrocio, dove in fuga verso la torre federiciana, un ex palazzo vescovile e la piccolissima chiesa di S. Maria delle Grazie, una madonna che fino a non molto tempo fa era stata sfrattata da un fabbro...


Ma la vera sorpresa arriva nella corte che si apre alle spalle del palazzo: edifici dal sapore medievale con balle di fieno che riportano a tempi lontani, fondamenta della nostra storia, radici di un passato troppo spesso dimenticato; e scoprire che la camera assegnatami era proprio inserita in questa piccola corte... e poi mettermi a gironzolare, al seguito di un cucciolo felino e imbattermi in un piccolo, ma ricchissimo, museo di civiltà contadina...

Arrivata in questo piccolo borgo al seguito di una manifestazione di masserie, sulle prime non avevo capito: dov'era la masseria? non c'era, o meglio, non c'era secondo i canoni dell'immaginario fotografico che conosciamo. La Masseria Irene, invece, è qualcosa che infondo non può essere catalogata in nessun modo: è contemporaneamente recupero del territorio, sia urbano per la sistemazione degli edifici riconvertiti al ricettivo, sia agricolo, con l'azienda zootecnica, aperta alle visite didattiche... ma è soprattutto un recupero culturale che poche volte s'incontra e che riporta -quasi- al tempo in cui passaron i mori....

Sarà la suggestione della torre federiciana, le cui vestigia dominano e vigilano sull'operato, ma lì, in quel fazzoletto di terra, dove le due strade s'incrociano, in una sera di festa d'inizio estate, diventano strane le sensazioni quando ti capita d'incontrare un vescovo che conosce tutti e se non li conosce, come me, riesce comunque a trovare un punto di contatto, un qualcosa che te lo fa sentire vicino, ma che, soprattutto, all'inizio della manifestazione, ricorda lo scampato pericolo della carestia e ringrazia a nome di tutti per il raccolto che si preannuncia abbondante...

Così, anche se questa terra di Puglia non è la mia Puglia di ulivi immensi e terra rossa, ho guardato il panorama e mi sono sentita a casa.

lunedì 27 maggio 2013

Il Foulard Intorno la Testa

Ho sempre pensato che  il foulard intorno la testa sia molto chic, maggiormente se indossato con la classe di Grace Kelly, che di foulard ne sfoggiava di vari tipi. Soprattutto mi è sempre piaciuto il modo in cui lo porta in questa foto.

Chiaramente anche io, ogni tanto, indosso il foulard in questo modo, senza soffermarmi troppo a pensare come la moda sia cambiata, per non parlare della società, dell'etnologia...

Accade così, nello scorso weekend, dopo una giornata trascorsa all'aperto in quel della Gallura, purtroppo terribilmente fredda e ventosa, che mi sia presentata a cena con un foulard tutto fiorito a proteggere e riscaldare il capo, annodato con questo stile.

Solo a fine serata ho scoperto che la scelta stilistica aveva suscitato curiosità sulla mia fede religiosa: ovvero alcuni commensali si sono chiesti se per caso fossi islamica; loro stessi dopo cena me l'hanno espressamente ed educatamente chiesto. E devo ammettere, che pur non essendomi offesa in alcun modo, la cosa mi ha colpito.

Vero è che i miei lineamenti possono prestarsi al malinteso mediorientale, malinteso che tra l'altro mi lusinga, ma fossi stata islamica come non è, nessuno avrebbe visto i miei capelli in nessuna occasione, e sarei stata bene attenta a non far sfuggire nessun ciuffo da sotto il velo. Eppure, dopo due giorni di capelli lunghi svolazzanti a destra e sinistra, è bastata una sola sera con la testa coperta a far sorgere uno strano interesse sulla mia persona.

Ne deriva che in società, condizionata dalle presenze ed influenze islamiche, se si vede una donna mora con un foulard che le avvolge il capo, poco importa che abbia qualche ciuffo ben in vista, non si pensa che possa avere freddo, né che possa essere una precisa scelta vintage, ma bensì che forse la mora in questione è islamica. Bene.

Mi chiedo se sarebbe lo stesso se fossi una splendida ed eterea bionda con gli occhi azzurri.

lunedì 13 maggio 2013

Rassegnati alla Follia in Strada

Donne morte ammazzate, ragazzi sfigurati dall'acido, carabinieri sparati solo perché in servizio o passanti presi letteralmente a picconate da un immigrato clandestino uscito fuori di testa: così raccontano le cronache dell'ultimo mesetto. E' un clima strano quello che si respira in Italia in questi giorni: sembriamo rassegnati a qualsiasi follia, quasi assuefatti alla violenza ingiustificata, tanto da non farci più caso.

L'immigrato clandestino che sabato mattina a Milano ha fatto una carneficina, è stato fermato solo quando ha colpito a morte, ma non è che i primi aggrediti abbiano, chessò, chiamato un corpo qualsiasi di pubblica sicurezza: nulla, se ne sono tornati a casa, un po perplessi e ammaccati. Ma ti sembra normale che un folle ti prende a sprangate e tu non denunci subito la cosa? Oppure: possibile sia normale vedere un ragazzo a piedi con piccone in spalla di sabato mattina, a cantieri chiusi? Forse quelle due persone morte a caso sarebbero morte a caso lo stesso, ma almeno ci si sarebbe provato... questo tipo d'indifferenza mi fa più orrore dell'idea che domani possa essere io stessa ad essere presa a picconate...

Ma di manifestazioni di protesta ne stanno facendo sì, dirottate su un'altra questione: l'immigrazione clandestina. Siccome il folle in questione è un clandestino, tutti a bisticciare sulle regole d'ingresso, primi fra tutti i leghisti, che paiono dimenticare che la legislazione attiva in merito è la Bossi-Fini... litigano, urlandosi contro accuse da stadio, ci distraggono, ma intanto non focalizzano il problema, il disagio di fondo che unisce con un filo rosso sangue tutti questi fatti...

La sensazione che ho io, già espressa su fb alla cara Nicoletta di Milano, è che le nostre capacità sono impotenti difronte il forte il senso d'insicurezza socio-economica che ci avvolge. Mi pare che la frustrazione per l'assenza di futuro, di progetti, di crescita in tutti i sensi, sia così forte che i personalissimi demoni che vivono nelle ombre di ognuno di noi, abbiano la possibilità di uscire allo scoperto. Ma intanto andiamo avanti come se niente fosse, forse per inerzia... senza chiederci perché così tante persone danno di matto, italiche o immigrate che siano, con precedenti o senza.

Ho come l'impressione che sotto i colpi della disoccupazione, della cassa integrazione, degli esodati, dell'Imu, dello spread, la pochezza dei nostri politici... sia crollata non solo la nostra economia, ma anche la nostra umanità, in senso ampio.

Umanità, in senso ampio, che se non sbaglio era alla base del nostro essere Italiani.

mercoledì 24 aprile 2013

C'era una Volta il Bel Paese più Pulito del Reame


C’era una volta, non molto tempo fa, in un Bel Paese non molto lontano da qua, il club dei governatori sporchi. Infatti il Bel Paese, abitato soprattutto da persone garbate e sempre pulite, era ahimè governato da sporcaccioni. Macchie enorme di olio, sugo, e quant’altro frutto del magna magna giornaliero, tutti i giorni, da tanti anni.

Gli abitanti del Bel Paese, ad un certo punto, smisero persino d’indignarsi di tanto sudiciume, e quando incontravano i cittadini dei paesi vicini, potevano solo timidamente minimizzare o cercare di spiegare come inutili e nel vuoto cadessero i tentativi di far capire agli sporcaccioni, quanto fosse disdicevole per il Bel Paese il loro ignorare le basilari norme di pulizia. Ma molti altri, invece, cominciarono a pensare che fosse di gran moda andare in giro sporchi, sicché c’era una gran fetta di cittadini comuni sporchi.

C’era, però una Sora Comare , che silente si guardava in giro, che orgogliosamente stendeva i suoi panni canditi al sole e taceva, in attesa di tempi migliori. Un bel giorno la sua vicina di casa, Sora Prima Stella, cominciò a gridare allo scandalo, aizzando i puliti cittadini a pretendere che il club dei governatori sporchi andasse a casa. Non si accontentava di vederli puliti, voleva persone nuove, indiscutibilmente linde e pinte a governare il Bel Paese.

Sora Comare, annuiva contenta. Ma a un certo punto cominciò a rimanere perplessa: Sora Prima Stella non faceva altro che dire quanto fosse la più pulita del reame e come non avrebbe tollerato persone poco pulite vicino a lei. Tutto il decalogo di pulizia venne messo in piazza, ma su alcuni punti sembrava rimanere poco chiara. Allora, durante un caffè pomeridiano, Sora Comare cominciò a mettere in guardia Sora Prima Stella.
Ma lei non volle ascoltare, dicendosi convinta che il suo metodo di pulizia fosse il migliore e la questione ormai, non era neanche più uscire di casa puliti, ma essere più puliti che più puliti non si può, perché grazie alle sue regole è possibile essere i più puliti del reame.

Sora Comare, scrollava la testa chiedendosi come fosse possibile con tutti i bimbi piccoli che Sora Prima Stella allevava, lei e la prole potessero essere sempre così puliti, come andava ripetendo… Poi infatti un giorno avvenne l‘inevitabile: un pargolo di Sora Prima Stelle andò in giro con una vistosa macchia di pomodoro sul petto. Tuoni fulmini e saette dal Club degli sporcaccioni, ma soprattutto tanta perplessità dalle persone pulite comuni, che non capivano. Sora Prima Stella era mortificata, non dalle macchie del pargolo, ma dagli anatemi dei paesani: “invidiosi, ecco cosa siete” si difendeva, ma rimase molto male quando anche Sora Comare non la sostenne più. Tristemente gli chiese spiegazioni:

“Vedi, cara Sora Pima Stella, tu sei stata brava a voler cambiare il mal costume che tanto ci umiliava, ma sei stata presuntuosa, annunciando che mai te o i tuoi pargoli sareste stati sporchi, affermando che il tuo bucato sarebbe stato il più bianco di tutti, senza dare veramente spiegazioni sul come avresti fatto, facendo vedere solo la lavatrice, ma evitando d’insegnare agli sporcaccioni colpevoli di tutte le nostre vergogne, o ai nostri compaesani, quale programma usare e come dosare il detersivo. Per questo non ti si perdona nessun errore. Se non volevi che ti si facessero le pulci, che s’inventassero ingiurie contro di te e i tuoi pargoli, bastava imporsi con più umiltà, senza dichiarare cose impossibili da mantenere: a noi bastava essere governati da persone pulite, non dai più puliti del reame” .

domenica 21 aprile 2013

Dal Sichuan a Shanghai

Dal Sichuan a Shanghai, una settimana, tra le montagne del Minshan, la gente serena di Chengdu, la malinconia dei tibetani ed i grattacieli di Shanghai, passando per la tenerezza dei Panda Giganti.... Fatico ancora a rimettere insieme i pezzi di questo viaggio, molto bello, ma in cui più di una volta ho faticato 'ad entrare'.

Inizialmente il jet lag mi ha avvolto nella solita bolla di confusione che mi capita dopo lunghi viaggi, ed in questo avevo anche un bel po di mal di terra... ma la vivacità di Chengdu, la spensieratezza dei cinesini nel loro People's Park mentre fanno ginnastica, cantano o scrivono poesie con l'acqua sul selciato mi hanno letteralmente conquistato. Come pure la tenerezza infinita dei Panda Giganti, nel vicino centro ricerca, mi hanno strappato sorrisi inaspettati, nonostante la pioggia e le mie incertezze fotografiche.

Sì perché in questo viaggio ho inaugurato la mia Eos 650 D, talmente nuova per me che all'inizio avevo una vera e propria soggezione con tanto di ansia da prestazione: eccomi così ad avvicinarmi timidamente ad Andrea, il fotografo ufficiale, a chiedere come cambiare qualche impostazione, oppure arrivare al fianco di Claudiana, con cui la confidenza s'è via via fatta più sciolta, tanto da dirle sfacciatamente: 'mi aiuti che ho pasticciato con gli iso?' Ad ogni modo qualche fotina bella, posso orgogliosamente dire, l'ho fatta.

Ma a Jiuzhagou ho ricominciato a non sentirmi del tutto in sintonia col posto, che pure era eccezionale: terra di etnia tibetane, bandierine votive ovunque, la neve che cadeva e uno dei più bei hotel Intercontinel dove poter soggiornare, eppure... un freddo, ma un freddo signori miei, che non ci sono parole. Purtroppo siamo arrivati tutti impreparati a gelo montano e i pile (o pail?) acquistati last minute al Decathlon di Chengdu hanno attutito poco: è usanza locale di non usare i riscaldamenti nei monumentali (come tutto in Cina) spazi comuni degli hotel, per motivi di risparmio energetico, sicché puoi stare all'Intercontinental, allo Sheraton o in un albergo 'cinese', che ti gelerai sempre se non ben equipaggiato...

La giornata trascorsa nel Jiuzhaigou National Park fortunatamente è passata al tepore primaverile, ma il giorno dopo, nel parco di Huanglong, sotto una leggera, ma insistente, nevicata, sarei assiderata se in un hotel non ci avessero prestato giacche adatte... ho così potuto godermi un'intensa passeggiata di 8 km nel bosco innevato, tra scoiattolini che attraversavano e guardia boschi tibetani canterini....

Dai boschi dei Jiuzhaigou siamo infine volati a Shanghai, dove il mio spaesamento si è rimaterializzato: le metropoli non sono per me. Ma non troppo lontano, a circa una settantina di km c'è un piccolo villaggio di pescatori su dei canali, Fengjing.

La giornata trascorsa nel Jiuzhaigou National Park fortunatamente è passata al tepore primaverile, ma il giorno dopo, nel parco di Huanglong, sotto una leggera, ma insistente, nevicata, sarei assiderata se in un hotel non ci avessero prestato giacche adatte... ho così potuto godermi un'intensa passeggiata di 8 km nel bosco innevato, tra scoiattolini che attraversavano e guardia boschi tibetani canterini....

Dai boschi dei Jiuzhaigou siamo infine volati a Shanghai, dove il mio spaesamento si è rimaterializzato: le metropoli non sono per me. Ma non troppo lontano, a circa una settantina di km c'è un piccolo villaggio di pescatori su dei canali, Fengjing.
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Post correlati:
- Tre giorni a Shanghai
- Jiuzhaiguo, l'Anticamera del Tibet
- I Panda Giganti di Chengdu 

sabato 20 aprile 2013

Tre Giorni a Shanghai

Momento clou dei miei tre gironi a Shangahi: con Claudiana nella metropolitana cittadina. E' andata così: dopo una rapida passeggiata su Via Nanchino, la shopping street per eccellenza, spinte dall'Alessio accompagnatore ufficiale dall'Italia, abbiamo deciso di provare l'esperienza della metropolitana cinese. Così,
dalla superficie di People's Square, io e lei siamo sprofondate in una piazza sotterranea percorsa da un formicaio di cinesini, che andavano e venivano. Le nostre uniche certezze: che il biglietto costa 3 yuan, che dovevamo prendere la linea rossa e scendere a Shaanxi. In teoria avevamo tutte le info essenziali, ma lo spaesamento fa novanta e ci siamo trovate destabilizzate. Primo ostacolo: le macchinette per i biglietti non prendono banconote, ma l'unico luogo dove cambiare in monete è l'efficientissimo tourist office, che campeggia nel centro dello snodo. Nota bene: lo sportello è aperto sia sulla parte dei tornelli, sia 'dentro' la metro. Infatti, secondo ostacolo, ci siamo dovute rivolgere nuovamente l'office per capire esattamente dove dovevamo andare: la corrispondenza tra le nostre indicazioni e il nome inglese della fermata non coincidevano chiaramente. Terzo ostacolo: in che direzione andare? rispondendo a questo quesito abbiamo sfiorato il comico: minuti a cercare di decifrare la cartina, inutili tentavi di richieste in inglese a cinesi che non ci capivano: poi è bastato alzare lo sguardo sui binari per trovare la griglia di marcia. Tutto sommato molto facile e tanto divertente.

Ma andiamo con ordine. Shanghai è una città particolare, che a seconda delle tue personalissime corde, o ti avvolge o ti ascia nel suo margine superficiale. Io ci ho messo almeno un giorno e mezzo, dei tre a disposizione, per trovare la mia 'misura'.

Nel primissimo percorso che ci ha portato dall'aeroporto al centro di Shanghai, tutti guardavano affascinati e ammirati dai finestrini. Un coro di 'ohh', 'ma che spettacolo', 'che meraviglia', mentre io sbirciavo perplessa: una distesa di cemento orizzontale e soprattutto verticale, sotto un cielo grigetto contaminato di azzurrino... Per non parlare poi dello sbatacchiarci come pacchi da un posto all'altro, passando per ristoranti di qualità incommentabile: Shanghai non mi stava piacendo, unica nel mio gruppo di entusiasti scattavo poche fotografie annoiate. Neanche il Tempio del Budda di Giada mi emozionava: soffocato tra i grattacieli, popolato di turisti e fedeli, con monaci perplessi più di me.

Solo il giorno dopo l'arrivo, nel Giardino del Mandarino Yu, ho cominciato a capire che forse Shanghai meritava che la guadassi con occhi più amorevoli: ero dentro una delizia della Dinastia Ming, tra giardini, laghetti e tetti arricciati con draghi ruggenti, mentre i muri di cinta mi ricordavano Gaudì...

Poi il colpo di scena: l'ammutinamento alimentare ci ha procurato un'enorme ed insperata, quando gradita, quantità di tempo libero a disposizione. 'Liberi tutti in Cina' è diventato il paradossale slogan con cui abbiamo cominciato a sparpagliarci per la città, vivendocela su misura, per quel poco tempo che avevamo, facendo salvi alcuni appuntamenti per visite come da programma.

Così, eccoci, io e Claudiana, a passeggiare sul Bund, il lungo fiume sul versante coloniale ed elegante di Shanghai all'ombra dei grattacieli che svettano sull'altro lato del Huangpu, tra cui lei, la Torre della Televisione, la perla di Shangahi con i suoi 490 m, mentre asiatici divertiti fotografavano i nostri lineamenti occidentali... ma sicuramente il Bund lo si gode maggiormente al buio della sera, quando lo Skyline di Shanghai si illumina di un tripudio di luci cangianti, che fino alle 22 animano i grattacieli per lo stupore e la meraviglia di tutti. Anche mia. Ma forse è nell'area pedonale di Xintian Di, con i suoi localini per tutti i gusti, dal jazz alla birra alla spina, passando per l'immancabile pizza e sala da the, che turisti e shanghanesi 'bene' se la spassano la sera. Pure noi non abbiamo disdegnato, anche perché ci arrivavamo con una passeggiata di mezzoretta dal nostro hotel.

E proprio a Xintian Di si capisce come Shanghai sia città estremamente modaiola, con un suo carattere di stili molto forte: bellissime donne orientali arrampicate su tacchi vertiginosi, vestite con capi di gran classe, ma sopratutto originali, che parlano della ricerca di uno stile personale. Uno stile non difficile da costruire: mille e oltre negozi di griffe europee e non solo, tra le strade del centro, mentre deliziose boutique colorano le deliziose e classiche vie del quartiere del'ex concessione francese.Un quartiere in cui io e Claudiana ci siamo letteralmente perse, sbucate dalla metro. Senza cartina, a giornalai e poliziotti abbiamo chiesto del nostro hotel, al centro del quartiere francese. Claudiana era decisa a darsi allo shopping semi selvaggio, ma la troppa scelta di cose sfiziose l'ha messa in difficoltà... l'offerta è veramente, veramente ampia.

Una scelta ampia anche e soprattutto per il falso: tanti i fake market. Noi siamo andati in uno non lontano da Via Nanchino: quattro piani in cui l'offerta va dalle scarpe agli occhiali da vista (pronti con le lenti in pochissimo tempo, ad averlo saputo prima...), passando per penne ai vestiti, finendo nelle classiche borse, croce e delizia di ogni donna.

Morale del racconto: Shanghai è da visitare con calma, seguendo il filo dei propri gusti personali, ma soprattutto con un'ottima guida gastronomica in borsa!

giovedì 18 aprile 2013

Jiuzhaigou, l'Anticamera del Tibet

Montagne, laghi, neve e tibetani: la Valle di Jiuzhaigou, in Sichuan, già sito Unesco, è l'anticamera del Tibet. In tutti i sensi.

Quando siamo arrivati, col benvenuto di una fitta nevicata (che nei giorni successivi ci ha accompagnato a tratti), ho subito cominciato a cercare i segni delle etnie tibetane che vivono qui e là nei villaggi della valle, tra le montagne meridionali della catena Minshan... e subito li ho trovati. Bandierine votive stese al vento freddo, file di rulli di preghiera in attesa di essere girati, templi con candeline ed incensi: splendido, intenso ed emozionante... eppure sembrava che qualcosa non fosse al suo posto.

 
Ed era un qualcosa che pareva diffuso come un impercettibile profumo nella frizzante aria dei 3 mila metri sui cui andavamo avanti e indietro, salendo e scendendo dal pulmino che ci portava a zonzo nel Jiuzhaigou National Park, alla scoperta di incredibili laghi incantati. Sì, perché se la stagione primaverile fosse stata inoltrata, o fosse stato autunno o la neve ormai sciolta avesse imbiancato tutto, gli scenari sarebbero stati veramente da levare il fiato, da favola: laghi cristallini, in cui pesciolini nuotano tra tronchi ormai affogati, mentre non capisci come sia possibile che l'acqua abbia i colori del più bel mare dei Caraibi... Ogni lago è un piccolo mondo acquatico fatto di verde smeraldo e veronese, in cui la luce gioca a mille riflessi baciando lo specchio d'acqua e la poesia del posto è così intensa, che dimentichi che c'è qualcosa non al suo posto... Ma quando la giornata d'escursione è quasi finita, con tempo libero in un villaggio tibetano del parco, cominci a capire ciò che prima non tornava...

Girando tra i negozietti trovi le solite cose: mille e mille ninnoli, tracce della cultura tibetana solo nei rulli di preghiera ad uso e consumo dei turisti, e tante persone con la smania di venderti qualche cianfrusaglia, a volte insistenti fino all'imbarazzo... poi improvvisamente noti in vendita i piccoli rulli di preghiera 'da passeggio': ne prendi in mano uno e scopri che è di plastica. Uno degli oggetti di preghiera del buddismo tibetano alla stregua di un giocattolo.

Alzi gli occhi verso il primo tibetano che ti passa vicino e pare avere uno sguardo spento. Forse è un caso. Forse è una coincidenza che anche tutti gli altri sembrino tristi. Forse è suggestione quando anche i monaci sembrano avere indosso un altro mantello di rassegnata malinconia... 

Jiuzhaigou significa 'valle dei nove villaggi', tibetani:  ma dal 1997, quando il parco è stato aperto, la popolazione tibetana che ci vive non può coltivare la terra, quindi vive di sussidi statali e di turismo.

Eppure è come se il clima così rigido avesse temprato i tibetani alla resistenza e alla pazienza: incontrarli è comunque un'esperienza intensa. Come intensa è la terra del Jiuzhaigou, per la potenza della natura, lo splendore delle camminate tra i boschi di Huanglong -altro parco della zona- sotto piccoli fiocchi, a sentir i canti dei guardia boschi tibetani, incontrando i loro sguardi malinconici. 

mercoledì 17 aprile 2013

I Panda Giganti di Chengdu

Sarà per quelle macchie nere, per quel pelo spesso che ispira morbidezza, oppure perché così grandi, un po goffi e maldestri, ma i Panda Giganti sono irresistibilmente teneri e ancora più coccolosi di come li vediamo nei documentari. Se poi ti capita di vedere un cucciolo, allora fatichi a rimanere ligiamente dietro la staccionata...

I Panda Giganti li ho visti da vicino a Chengdu, capitale della provincia cinese del Sichuan, nel loro centro di ricerca, quello, per intenderci, recentemente diventato famoso per aver fatto vedere un 'film porno' a una pandina inesperta.

Non starò qui a ripetere come siano pochi, bisognosi di un habitat particolare e della loro stranota difficoltà a riprodursi, cose che nel centro sono illustrate molto bene, ma piuttosto dell'esperienza curiosa che è vederli, cosa che nessun documentario può trasmettere.

Sì perchè se ne stanno lì, tranquilli e paciosi, a rosicchiare i loro bastoncini di bambù, a sonnecchiare oppure a giocare tra di loro, apparentemente indifferenti ai visitatori che li osservano e li fotografano emozionati, consapevoli della rarità dello spettacolo. Per non parlare delle scolaresche di chiassosi bimbi cinesi, spettacolo nello spettacolo, che cercano di attirare l'attenzione di uno degli orsacchiotti.

Particolarmente divertente è intercettare uno dei Panda Giganti intenti ad arrampicarsi su una staccionata o una piattaforma: movimenti lenti e goffi che ricordano i bradipi, quando poi riescono a mettersi nella posizione desiderata, ti vien voglia di fargli un applauso, rimanendo un po deluso se per caso la posizione in questione contempla il darti le spalle...

Ma sempre, ogni volta che i bimbi si allontanano e rimane il silenzio del parco nel centro ricerca, sentendo solo il vento tra le foglie, il cinguettio degli uccellini, oppure lo scricchiolio delle foglie secche sotto il peso dei loro passi, ti viene una gran voglia di metterti a 'pandare' insieme a loro, senza tornare nella civiltà.


martedì 26 marzo 2013

Il Pisolino di Crimi in Senato: Delusione

Da questa mattina questa simpatica fotina sta facendo il giro del web.

Curiosa di leggere gli anatemi di Grillo, sono andata a farmi un giro sul suo blog: ad ora niente.

Nota bene, non si è trattato solo di banale curiosità, ma di un'aspettativa legittimata dal voto che ho dato al M5S, proprio al Senato.

Un voto dato a denti stretti, sia chiaro, per tutti i motivi che sappiamo, ma che comunque ha permesso a questo signore di riposare su quel sedile.

Questo pisolino conferma il dubbio che avevo: la perfezione non è di questo mondo, né tanto meno dei neo eletti grillini.

Ero già rimasta delusa dal loro 'integralismo' all'indomani dell'elezione senza vincitori, convinta che le ideologie senza la capacità di realizzare e costruire compromessi non sia amore per il Paese, ma egocentrismo politico. Delusa dall'esito del mio voto, pensavo ancora che in certe situazioni scossoni forti, come il M5S, siano la cura migliore. Pur rimanendo convinta che la politica non può essere 'improvvisazione d'impegno civile', ma un impegno continuo sul territorio e con le Istituzioni, che -quello sì-, culmini con un'esperienza a termine in Parlamento, penso che l'esperienza dei grillini sia un ottimo laboratorio che può costringere la politica ad un rinnovamento profondo.

Oggi sono ancora più delusa, ma (ottusamente?) penso ancora che il M5S sia un'opportunità per il Paese, a patto però che scendano dal loro piedistallo di 'puri': anche loro cadono nei ristoranti costosi, si addormentano cullati dalle relazioni di Monti e soprattutto ragionano con una loro coscienza politica, che alle volte non aderisce alle ideologie di Grillo.

Con questo non voglio dire che facciano bene a prendere i 'vizietti' dei politici, o che si debbano rendere complici di 'inciuci', o che Grillo debba defenestare Crimi, ma che forse stanno capendo che tra il criticare e la buona volontà, c'è di mezzo il fare consapevole che viene dall'esperienza.

mercoledì 20 marzo 2013

Giornata Mondiale della Felicità

Oggi è la giornata mondiale della Felicità.
Quando l'ho letto nei titoli de LaStampa.it non ci credevo: l'Onu ha stabilito che oggi il mondo intero debba celebrare la felicità.

Poi leggi l'articolo e ti ritrovi su una pagina di economia: il Pil che misura tutto tranne il nostro grado di soddisfazione, con il Bhutan che nel lontano 1972 cominciò a lavorare non su uno sviluppo economico, ma sulla soddisfazione personale, tant'è, prosegue l'articolo, che negli Usa dove il reddito pro capite è sempre in aumento dal 1960 ad oggi, il tasso di felicità è rimasto invariato.

Della serie: i soldi non fanno la felicità. E s'è sempre saputo, tanto che però s'è pure sempre detto che aiutano molto...

Ma, siamo proprio sicuri sicuri che bisogna istituire una giornata mondiale delle felicità per ricordare ai governi che non di sola economia si vive? E poi, mi chiedo ancora, la felicità non è un sentimento personale, ai limiti dell'intimità, che va a coinvolgere i propri equilibri interni, la capacità del tutto personale di approcciare in un modo piuttosto che in un altro un dato evento? Certo, è vero che per poter essere felice anche solo per una giornata di sole non devi combattere (per esempio) con la burocrazia, che dipende dal governo, ma il mio dubbio più grande è: e se questa festa tra qualche anno diventasse un espediente di marketing folkloristico, tipo S. Valentino che se non sei felicemente in coppia rischi che quel giorno ti deprimi ... ?

venerdì 15 marzo 2013

Ritorno a Sharm El Sheikh

Erano circa nove anni che mancavo da Sharm El Sheikh, ma il ricordo mi è sempre rimasto vivo.

Il mare cristallino che già a riva vibra di mille colori dei coralli, e le passerelle che ti portano sui pontili indispensabili per farti fare il bagno senza ferirti sui coralli e senza ferire loro, immergendoti così in un universo marino di pesci altrettanto colorati. Oppure ricordavo le  maestose montagne alle spalle dei resort, cime di granito rosso, nei cui wadi i beduini vivono e commerciano, offrendo ai turisti passeggiate sui cammelli, sui cavalli o corse sui quod. Quelle stesse montagne, che tre ore più a nord nascondo il mistico Monastero di Santa Caterina e il suo roveto, che sembra essere 'quel' roveto biblico... E gli odori, quello di benzina decisamente non verde, che si mischia alla dolcezza del gelsomino, che nel deserto si amplifica, pur non essendo sempre visibile.

Proprio gli odori mi hanno colpito all'arrivo in aeroporto: sarà stata la bassa stagione, sarà stato un giorno non 'classico' per gli arrivi, ma l'aria non sapeva di benzina non verde...

I nostri ospiti ci hanno riservato stanze in una località che non ricordavo e -forse- nove anni fa ancora non c'era: a oltre una mezz'oretta da Naama Bay, Nabq, laguna. Ed infatti è una Sharm diversa, la spiaggia è una vera laguna ed i coralli si trovano solo molto, molto avanti nel mare, sicchè per lunghi metri, forse quasi un km, si può camminare senza pericoli, con l'acqua però che a seconda della marea arriva alle caviglie o al ginocchio: ideale per i bambini, ma non per chi cerca il Mar Rosso dell'immaginario.

Ma il sole, è sempre quello: caldo e capace di bruciare, se non attenti, la pallide pelli europee.

Ed il caldo era proprio quello che andavo cercando, tanto da rimanermene al sole di mezzogiorno tra la visita di un resort e l'altro, mentre il fresco dell'aria condizionata andavano cercando i miei compagni di viaggio.

Compagni di viaggio divertenti e simpatici: la mitica Celeste, con i suoi eccezionali racconti 'dietro le quinte' di scoop;  Laura, con la sua entusiasta allegria; Luigi e la gentilezza sabauda; Oriana e Giovanni, cordiali e disponibili; Massimo, con una ironia puntuale e divertente; Fiorenzo con i suoi viaggi in vespa con la figlia e Angelo, giocherellone e spiritoso.

Una compagnia messa insieme dal caso, ma con cui è stato gradevolissimo condividere il mio ritorno a Sharm, che ha coinciso con il mio 40° compleanno.

Al caso che mi ha riporta a Sharm El Sheikh a compiere gli anni, e ai miei compagni di viaggio, un gran sorriso, per un altro ricordo vivo nel tempo.

giovedì 28 febbraio 2013

Governo e Papa forse il 15 marzo

Tra poche ore il santo padre diverrà Papa Emerito, un ex papa Benedetto che se ne va con la benedizione di tutti, mentre continuerà a sostenere la sua croce 'lontano dagli occhi del mondo'. Intorno al 15 marzo forse il nuovo papa. Amen.

Da qualche giorno l'esito delle nostre elezioni tiene banco ovunque, dai salotti tv ai social net, passando per i bar sport, finendo sulle testate di tutto il mondo. Intorno al 15 marzo forse il nuovo governo. E sia.

Commentatori più puntuali e sagaci di quanto posso esserlo io, stanno già ragionando sui loro spazi, evidenziando luci ed ombre, sfumature ed incrinature di un dato di fatto: forse il 15 marzo sarà vera ingovernabilità. Prosit.

Però, dall'altra parte dei monitor, dei tablet, degli smartphone, delle tv e dei giornali, c'è la vita reale, che ti sembrerà strano, ma continua a scorrere con la sua banalità analogica. C'è un esercito di persone che comprando frutta e verdura o facendo il pieno dell'auto, ha una stretta al cuore, perché senza aspettare il 15 marzo, proprio non sa dove andrà a finire. Smarrimento.

Al di là dei coraggiosi ottimismi che vedono in queste crisi possibilità di cambio di rotta, personalmente mi sembra di vivere su una nave in balia dell'italica tempesta perfetta, con venti violenti di spread, ed il nocchiero che urla di cazzare la randa a marinai basiti dall'ordine che strapperà le vele, mentre timone e timoniere son finiti tra le onde ed il capitano, invece di preoccuparsi degli uomini, sta chiuso in cabina a far di conto per i banchieri finanziatori, ma finanziati...  In c**o alla balena. Tutti i giorni, non solo il 15 marzo.

lunedì 11 febbraio 2013

Il Papa si è Dimesso

E così, Benedetto XVI s'è dimesso.... evento letteralmente epocale: dopo 6 secoli è il primo che lo fa.

Mentre scrivo, Massimo Cacciari, intervistato dalla Berlinguer su TG3, dice che è un fatto di estrema umiltà ed innovativo, e nega con forza i paralleli con Celestino V, il papa del 'gran rifiuto' per dirla alla Dante, dicendo che i temi di contemporaneità interni alla Chiesa, come il celibato, il ruolo delle donne, la pedofilia... sono temi troppo complicati per un conservatore come lui. Se lo dice Cacciari possiamo crederci, però....

Però... c'è questa foto di Wojtyla che mi ha sempre emozionato: pur non essendo cattolica, ma cristiana, quest'uomo così malato, esposto alle intemperie che si aggrappa al crocefisso, mi pareva un esempio di vita: sopporta quello che la vita ti mette d'avanti, frutto anche delle tue scelte, e vai avanti perché non sei solo. E poco importa che a livello politico, per me, papa sia sinonimo d'intrighi internazionali e segreti indicibili, rimane il fatto che per milioni di persone nel mondo intero, il papa è un faro nella notte buia; soprattutto se consideri che alcuni di loro ancora oggi sono perseguitati, bruciati, incarcerati, lapidati, solo per essere cristiani. Per questo ho ammirato così tanto Wojtyla.

Il papa, da come mi è stato insegnato nei lunghissimi anni trascorsi dalle suore francescane, non è padrone della sua vita, ma è servo primo di Cristo, è suo vicario in terra, che pure nel giardino del Getsemani ebbe così paura da chiedere la possibilità di allontanare quel calice....

Cristo, il figlio del Dio della compassione e della sopportazione, che annuncia come la giustizia non sia di questa terra, che bisogna perdonare e sopportare, motivo per cui, per esempio, il matrimonio è indissolubile pure se tuo marito ti picchia (a meno che non si riesca  a farlo annullare dalla Sacra Rota....)

La domanda che mi pongo ora, da cristiana circondata da familiari cattolici, è: dopo che Benedetto XVI s'è dimesso perché troppo malato, troppo stanco, troppo qualsiasi cosa... con quale forza morale e religiosa la Chiesa potrà ancora dare diktat ed anatemi? Con quale Spirito Santo i cattolici di tutto il mondo sapranno avere ancora fede in un'istituzione che certo, secondo me, dovrebbe essere 'riformata', ma con metodi, vista la natura stessa dell'istituzione, più consoni ad un Papa....

mercoledì 30 gennaio 2013

Il Treno della (non) Comunicazione

Ci sono aziende che fanno della comunicazione e dell'organizzazione  il loro punto di forza, unitamente alla qualità del servizio; altre, che sottraendo il monopolio a FS e ponendosi come pilastro del made in Italy, deludono proprio sulla comunicazione...

L'invito, per il 24 gennaio scorso, era arrivato nei giorni precedenti come consuetudine, ma non riportava né referente, né luogo e orario dell'appuntamento per il 'viaggio stampa' su Italo, con il suo amministratore delegato Sciarrone, il ministro dell'ambiente Clini e Farinetti, presidente di Eataly, che fornisce i pasti sullo stesso Italo. L'incontro era organizzato nell'arco di un pomeriggio, in treno da Roma a Bologna e ritorno.

Solo a due ore della partenza è arrivata mezzo mail la specifica dell'appuntamento: h 13,30 a Tiburtina. Tutti abbiamo dato per scontato che sul treno sarebbe stato offerto un qualcosa per cibarsi, visto l'orario, ma soprattutto vista la presenza di Farinetti, uomo la cui idea imprenditoriale è indiscutibilmente 'avanti' ed interessante...

Non solo siamo rimasti a stomaco vuoto, ma arrivati a Firenze ci siamo resi conto che i posti su cui ci avevano invitato ad accomodarci, non erano stati bloccati per noi da NTV, sicchè alcune giornaliste hanno doverosamente dovuto lasciare il posto a viaggiatori, legittimi titolari delle comodissime poltrone Frau... Ed anche chi sperava in un caffè offerto a Bologna, nella sala d'aspetto, è rimasto inesorabilmente deluso.

La stranezza, in tutto ciò, è che queste iniziative vengono organizzate anche per far testare il prodotto complessivo proposto alla clientela finale. La domanda è allora sorta spontanea: le nostre aziende, o meglio, noi Italia, stiamo messi dunque così male, tanto che le aziende non possono più permettersi il minimo sindacale dell'ospitalità? E la comunicazione, oltre che l'organizzazione, che dovrebbe essere colonna portante del mitico made in Italy, deve necessariamente lasciare il posto all'approssimazione? Un'approssimazione che non solo permette confusione sui posti a sedere, ma contempla in sé una conferenza stampa tutti in piedi appassionatamente, nel corridoio del vagone, dove l'ultimo del mucchio fatica a comprendere anche di che si parla...

Ai posteri l'ardua sentenza.

giovedì 17 gennaio 2013

Alcool e Demoni


Sabato sera, in cammino verso la macchina parcheggiata a Garbatella, incrocio un ragazzo, avrà avuto neanche 17 anni, che infilandosi in un bar con tutto il casco, chiede di comprare una bottiglia di limoncello. Neanche fo in tempo a notare la cosa, che una ragazza che camminava avanti a me, parlando al cellulare con l'amica, non ha avuto remore a raccontare di quanto, giorni prima, fosse stata 'ubriaca, ubriachissima', tanto da non ricordarsi neanche cosa aveva detto a qualcuno che le piaceva...

Personalmente non ho niente contro il bere uno, due, magari anche 4 bicchieri di vino a tavola, oppure rallegrarsi con dell'ottimo ron, magari cubano... però...

Però mi fa veramente paura vedere come ormai sia diffusissimo il rito di bere per divertirsi, rito scollegato dalla consapevolezza che l'alcool solo apparentemente ti rende più libero: in realtà un sbornia con tutti i crismi è capace solo di tirare fuori i propri peggiori demoni. Demoni che saranno liberi di scorrazzare, parlando a vanvera, e che spesso finiscono per offendere, invece che lusingare, tirandoti fuori le peggiori paure, materializzate come un incubo, o ancora e soprattutto, regalando l'illusione effimera di essere indistruttibili, quando invece si è ancora -e sempre- comuni mortali.

La cosa veramente triste, però, è che quando te ne accorgi sei già al pronto soccorso, stupito e meravigliato che la 'cazzata' sia successa proprio a te, che reggi benissimo l'alcool, ma rallegrato di non avere ucciso nessuno.

Per il momento.