domenica 16 ottobre 2011

Roma, 15 ottobre 2011: le domande del giorno dopo

Se ieri sera era il momento del racconto, oggi è il momento delle domande. Domande che non avranno mai risposta, lo so, ma non posso non farle.

L’ho già scritto: i black block fin da Colosseo erano infiltrati nel corteo: impossibile non riconoscerli, anche per chi non è pratico di manifestazioni e proteste di piazza. Non erano tantissimi, io ne avrò visti una cinquantina, certo ce ne saranno stati altri... ma tutti a viso coperto: perché la polizia non li ha fermati per accertamenti?

Ieri sera, al sicuro a casa, mi ha fatto tanto ridere, ridere amaro Telese, che dagli studi di La7 chiedeva a quelli ancora in piazza perché noi manifestanti non abbiamo isolato i black block… ma se neanche la polizia c’è riuscita, con i loro potenti mezzi, come potevamo noi?

Isolare i black block prima di arrivare in piazza S. Giovanni, questo doveva fare la polizia; doveva difendere l’ordine pubblico, ovvero tutelare le centinaia di manifestanti pacifici che già gremivano la pizza. Invece ci siamo trovati intrappolati, tra la Basilica e gli scontri, senza vie di fuga ed hanno permesso che loro, infami black block, dopo le cariche si buttassero tra i ‘civili’, così che la polizia caricava tutti, bianchi e neri. Perché hanno permesso che arrivassero in piazza, se gli scontri erano cominciati in via Labicana?

Perché il Viminale non ha chiesto l’intervento dei carabinieri? sarà perchè il mio augusto genitore è stato nella benemerita, e quindi la mia fiducia nell’Arma è quasi totale… ma sono convinta, anche razionalmente, che militari addestrati alla guerra vera, e alla tutela dei civili, avrebbero saputo gestire la situazione in maniera più cristiana.

In maniera cristiana… perché gli alti prelati del Laterano hanno aperto il cancello del cortile solo dopo che un lacrimogeno ha sbattuto contro i loro cancelli, ovvero addosso a me e Antonio? Era almeno un’ora buona che eravamo asserragliati sulle scalinate, evidentemente in trappola, perché non ci hanno aperto subito? C’erano in quel serraglio famiglie, donne con bambini: dov’era la carità e la misericordia cristiana, in quell’ora buona di attesa?

Ora sono a Barcellona, su una nave crociera per lavoro, le mie amiche mi dicono di godermi il mio viaggio… ma nelle orecchie ho ancora i boati dei lacrimogeni sparati, che ho saputo erano anche scaduti… questa mattina all’alba, infatti, ero a fare colazione al terminal 3 di Fiumicino, mentre bevevo il mio caffè i barristi commentavano i fatti di ieri: abbiamo cominciato a parlarne e mi hanno detto che sono stati trovati dei bussolotti di lacrimogeni che portavano la data di scadenza già superata: “è per questo che era così tanto arancione e vi ha bruciato tutto per più di cinque minuti”, mi ha spiegato il barista che evidentemente la sapeva lunga… ancora non ho cercato riscontri in rete di questa cosa, ma so che questa mattina mi sono svegliata con insoliti sfoghi cutanei …

Perché?

sabato 15 ottobre 2011

Roma, 15 ottobre 2011, piazza S. Giovanni. C'ero.

Quando oggi sono arrivata alla metro ero contenta: c'era il sole, l'aria era calda e i ragazzi erano allegri. Ho pensato che la manifestazione sarebbe riuscita bene. Perchè c'era tanto da dire, tanto da dimostrare, pacificamente indignati. Anche perchè era splendida l'idea che in tutto il mondo ci fossero manifestazioni per dire la stessa cosa, in tante lingue diverse.

All'appuntamento con Nadia e suo cugino Antonio eravamo contenti e giulivi...

Ma l'aria già da via Cavour s'è fatta pesante e brutta, con le auto bruciate. Poi a Colosseo li ho visti. I black block. Non li ho visti solo io, tanto che dalla balconata sopra la metro, gli 'spettatori' gli urlavano di andare via, di uscire dal corteo... E se il abbiamo visti noi...

Ora mi chiederai perchè non me ne sono andata, subito: se c'erano loro era ovvio che poi ci sarebbero stati guai... ma io, Nadia e Antonio, ancora speravamo che tutto potesse andare bene, che in piazza ci fosse solo festa...

Invece di questa giornata mi rimarranno incise nella memoria quattro scene.

L'arrivo in Piazza S. Giovanni, dove i primi arrivati si erano già seduti sui prati e i più divertiti suonavano i loro tamburi, mentre noi a riposare sotto gli alberi, dopo la bella scarpinata. C'era uno striscione tenuto su con palloncini colorati. Ma non ricordo polizia o carabinieri.

Poi a un certo punto il finimondo: non so perchè e per come, ma da via Emanuele Filiberto, verso via Appia, ho visto partire le cariche, che ci chiudono la via d'uscita dalla piazza. Una camionetta, senza un perchè per me apparente entra in piazza, e con l'idrante allaga tutto e tutti. Noi tre, a una ventina di metri dall'acqua, respiravamo dietro fazzoletti bagnati, per evitare l'irritazione dei lacrimogeni.

A quel punto era evidente che eravamo topi in trappola: l'unica cosa che potevamo fare era salire verso la Basilica. Lì c'erano tante altre persone, che come noi stavano tranquilli (senza cori, senza provocare, senza fare nulla se non guardare). I 'botti' dei lacrimogeni sparati riempivano le orecchie come scoppi di bombe regolarmente esplose... per noi, sopra la piccola scalinata della Basilica, la pace è durata solo per un'oretta, poi le cariche sono cominciate a partire anche tra la chiesa e l'altro edificio sacro, quello della Scala Santa. Sotto di noi una fiumana che correva dapertutto per non farsi investire della camionetta con l'idrante, che ora si muoveva tra la folla come se fosse impazzita. Per evitare di essere travolta dalla gente che scappava verso di noi, ho dato le spalle alle piazza, appoggiando le mani sul muro della cancellata che chiude la Basilica. Errore. Sento qualcosa colpirmi la spalla, lo lascio cadere e capisco che è un lacrimogeno (in realtà con sollievo: per me nell'immediato poteva anche essere qualcos'altro di peggio) : fumo arancione ovunque, io che respiro da dietro il fazzoletto bagnato, andando dalla parte opposta, verso via Sannio. Ma intuisco già che Nadia non è più con me. Ho Antonio vicino, ma lei no. Di fronte all'ingresso chiuso della chiesa ormai non c'è quasi più nessuno, solo fumo arancione. Lì ho la vera paura: è certezza: dov'è Nadia? Torno indietro, nella nebbia irritante arancione, già gli occhi mi bruciano. Con le mani alzate- perchè non so cosa c'è dietro la cortina arancione-, torno indietro chiamandola con tutto il fiato. Come in un film lei esce dalla nebbia. Abbracciandoci stretti tutti e tre, con gli occhi, la gola e il naso che bruciano, torniamo verso via Sannio, ai giardinetti al lato della Basilica.

Lì lo spazio è più aperto: la gente non è compressa, l'aria più respirabile, noi ancora increduli ci guardiamo. A un certo punto io e un ragazzo ci scontriamo, come capita quando si cammina di corsa. Entrami ci giriamo a scusarci, mentre ci guardiamo negli occhi. Nei suoi occhi ho visto i miei: sbarrati, arrossati e lacrimosi, che esprimevano l'interrogativo del perchè ci siamo trovati un lacrimogeno addosso senza aver fatto nulla per meritarcelo, se non essere lì a manifestare. Pacificamente. Noi. Ci guardiamo così, per un lungo momento, riconoscendoci come sconosciuti, ma uguali; esseri umani in quel delirio di violenza senza senso, mentre le nostre mani, che per inerzia ancora sono sbattute l'una contro l'altra, si stringono debolmente per un istante.

Poi finalmente i preti aprono i cancelli del complesso di S. Giovanni in Laterano: abbiamo una via di fuga, mentre gli occhi rossi, il naso e la gola continuano a bruciare, e io che ripeto quasi come un mantra "non preoccupatevi, ora passa". Intanto dall'altra parte ancora si sta scatenando il finimondo, che durerà per molto.

Il resto è cronaca di una fuga: infatti a quel punto la priorità è andare via seguendo una strada sicura: ma Roma era tagliata in quattro: verso Termini c'era l'inferno, idem verso piazza Tuscolo e ovviamente in piazza S. Giovanni; il corteo intanto scendeva verso Circo Massimo da via dell'Ambaradam. L'unica: andare verso la Colombo dall'interno 'libero'del quartiere di S.Giovanni. Così noi tre, con altre due ragazze incontrate per strada dopo la fuga in territorio extra vaticano (si dice così?), ci siamo avviate a piedi verso la Cristoforo Colombo, costeggiando le mura aureliane. Senza più incidenti siamo arrivate alla metro Garbatella.

L'amarezza per come sono andate le cose è immensa. Infinita: dei terroristi che meritano la galera, perchè questo sono i black block, hanno messo in ombra le motivazioni giuste e sacrosante che hanno animato due km di persone a camminare per Roma.

Ma gli scontri ci hanno delegittimati.

La grande paura di essere presa a manganellate o di aver perso Nadia nei lacrimogeni, è nulla di fronte l'amarezza di sapere che ora non siamo più credibili. E non agli occhi dei 'potenti', ma a quelli delle persone normali.

martedì 11 ottobre 2011

Marzieh Vafamer libera

Venerdì scorso è stato annunciato che tre donne hanno ricevuto il Nobel per la pace. Tra loro, almeno ai miei occhi, spicca il nome di Tawakkul Karman, giovane donna yemenita.

Ormai è notorio: sono molto attenta a quello che accade nel mondo islamico, perchè sono convinta che l'Islam non non sia la religione del male e che, nelle pieghe totalitarie di alcune applicazioni delle loro sacre scritture, si nascondano belle cose.

Ma appunto, si nascondono. Così, dopo il fondamentalismo (che bada bene, è sbagliato sempre), ciò che maggiormente colpisce il libero pensiero occidentale (che pure, bada bene, ha problemi seri) è la condizione della donna.

Per questo venerdì scorso ho pensato che il Nobel a Tawakkul Karman fosse una gran bella cosa.

Poi ieri leggo il giornale e mi trovo una pessima notizia. Questa è la storia: sabato scorso (il giorno dopo la notizia del Nobel a Tawakkul Karman), Marzie Vafamer viene condannata ad un anno di prigione e a ben 90 frustate. Che avrà mai fatto di così tremendo?

Ha recitato in un film, che si chiama My Teheran for Sale, e racconta la storia di un'attrice a cui le autorità vietano di lavorare; lei continuerà a farlo, vivendo in clandestinità, sino all'incontro con un iraniano che ha preso cittadinanza australiana che se la porta in Australia (che ha collaborato alla produzione).

Inoltre pare che in questo film Marzieh Vafamer abbia recitato senza veli. Già qui si potrebbe aprire una dissertazione filologica sull'espressione occidentale e islamica di senza veli, ma te la evito, andando subito al dunque: senza veli islamici: niente burqa, chador o hijab (sebbene nella locandina del film lei indossi un foulard).

La situazione è chiara: il film è profetico e documentario: in Iran non c'è libertà di espressione. Lo sapevamo già, ma probabilmente, persi dai nostri guai così occidentali, dopo la vita salvata di Sakineh, ce ne siamo scordati.

Ma ora, il nobel a Tawakkul Karman e la storia di Marzieh Vafamer ci dicono che non possiamo abbassare lo sguardo, soprattutto noi donne.

Certo, Marzieh Vafamer non rischia la vita, ma un anno di galera iraniana e 90 frustate, non sono una passeggiata... soprattutto se inflitti per aver recitato in un film.

Così, nel timore che questa cosa finisca nel dimenticatoio, ho fatto quello che ho potuto, ovvero ho creato su fb questo gruppo: Marzieh Vafamer libera (le mie amiche su fb non me ne vogliano: le ho aggiunte in automatico, certa che mi avrebbero appoggiato...).








venerdì 7 ottobre 2011

La Teoria del Tempo Perso, by Bergonzoni

Sapendo che questa mattina, con il mio augusto genitore, avrei avuto una certa attesa, mi sono procurata La Repubblica, con annesso il suo supplemento: Il Venerdì.

Così, mentre mio padre bofonchiava sui titoli di un giornale di sinistra, scoprendo che il suo essere di destra ora pare vano, io mi deliziavo con il settimanale, finendo nella rubrica di Alessandro Bergonzoni, già da me molto stimato ai tempi della mia Smemoranda...

Scrive Bergonzoni:
"Siccome oggi è la Giornata dei Risvegli, le voglio parlare di come chi è in coma non stia perdendo tempo: teoria del TP, Tempo Perso. Prendo tempo e intanto coordino il pensare. Capto dei perchè che subito non vedrei. Analizzo l'intanto, uso spazio cronologico, ma lo trasformo in metafisico, attraverso lo stupore di chi non capisce un nuovo atteggiamento e lo teme".

Non sono in coma, ma questa teoria del Tempo Perso mi ha illuminato: così finalmente, a chi mi dirà che la mia lentezza è tempo perso, avrò qualcosa di concreto con cui rispondere, difendendo, spiegando ed elevando il mio metafisico.

Un metafisico che consiglio caldamente a tutti, almeno un paio d'ore a settimana, tipo chessò, la domenica... ma ora che penso, avendo preso il mio tempo...

Prendere tempo per coordinare il pensare: somiglia tanto al concetto educativo del pensare fino a dieci prima di parlare, di agire...

Della serie: un po di lentezza non guasta, così da non perdersi il gusto delle piccole cose che rendono veramente bella la giornata.

mercoledì 5 ottobre 2011

Mi rettifico, ovvero taccio, anzi no

Ecco, ci risiamo: un altro tentativo di zittirci tutti.
Per rimediare ai pasticciacci brutti delle intercettazioni, croce e delizia dei magistrati, al governo pensano bene di far tacere tutti...

Serena Assurda Prinza e Metilparaben, sempre in prima linea su argomenti di attualità, ne stanno discutendo sulle loro pagine già da qualche giorno, discussione in cui sono entrata, come dice Serena, provocatoriamente...

Ma principiamo dalle origini della questione: sto parlando dell'articolo 1 del DDL intercettazioni e del suo comma 29, quello che consentirebbe a un chicchesia che si senta leso nella sua immagine personale, di chiedere l'immediata rettifica di quanto scritto. L'esempio di Metilparaben è perfetto.

Ma sta volta non solo il mondo dei blog si è rivoltato: anche Wikipedia si oppone, andando in sciopero con una lettera aperta in cui spiega molto chiaramente un'altra conseguenza della nuova norma: "Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi"."

Sempre nella lettera aperta, Wikipedia ricorda "che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione"; ma probabilmente il punto è proprio questo: trovare un modo per bypassare i giudici, la magistratura.
E già che ci siamo far passare la fantasia ai blogger di scrivere.

"Per Wikipedia [è] una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza", si legge ancora nella lettera aperta, e non fa una piega: l'idea è collettiva.

Intanto è di ieri questo articolo di repubblica.it, in cui si dice come tale Cassinelli, deputato del Pdl, abbia depositato un emendamento che inserisca nel comma 29 l'esplicita esclusione dei blog.
Ma se anche passasse, rimarrebbe aperta la questione Wikipedia e giornali...

Mi verrebbe da continuare a provocare, ma poi, come dice Serena, si rischia che qualcuno mi prenda in parola, scoperchiando il vaso di Pandora... così mi adeguo al temuto regime delle rettifiche e mi rettifico tacendo... anzi no: così mi chiedo...

.... Ma questo vaso non è già abbastanza aperto?

lunedì 3 ottobre 2011

Un pomeriggio a Villa Pamphili

"Io vado a correre a villa Pamphili, se ti va, tempo che arrivi io ho finito e ci facciamo una passeggiata": così mi dice Alessandra ieri pomeriggio, in risposta al mio chiederle come avrebbe passato quella splendida domenica pomeriggio.

Sulle prime ho esitato: ho visualizzato la lontananza da casa mia, il mio cercare un posticino per la mia magnifica new twingo... di solito quando non ho semi certezza di parcheggio facile non mi muovo in macchina, a costo anche rinunciare totalmente... perchè? beh perchè io nel traffico, o mentre cerco un parcheggio, mi innervosisco a tal punto da subire trasformazioni da far pensare all'esorcismo. E sogno una città di provincia, con i suoi ritmi sereni, meglio se nel mio profondo sud... ma questo è un altro post...

Insomma Alessandra, ben conoscendomi, era pronta ad un no in risposta. Invece stupendo anche me stessa ho chiesto dove vederci: "Al bar".

Mi metto in macchina e raggiungo la villa dopo una mezz'ora abbondante: il paccheggio? tutto sommato sono stata fortunata, ho trovato posto a solo un quarto d'ora a piedi dal bar, di cui ignoravo l'ubicazione.

Arrivo e rimango letteralmente abbagliata: famigliole a fare picnic, passeggini a passeggio e cagnolini scodinzolanti, mentre ovunque gente correva. E verde, tanto verde sopra la città, inondato dalla luce calda del pomeriggio romano, mentre la lanterna della cupola di San Pietro faceva copolino tra i pini: Alessandra arriva e rimane stupita dalla mia meraviglia: "ma non ci sei mai stata??!!"

No, ovvero, una mezza volta sola, millenni fa e i ricordi sono sbiaditi... quando dico che a Roma sono straniera in patria intendo anche questo: alcune istituzioni come villa Pamphili non le ho mai frequentate abitualmente, come invece i romani fanno realmente...

Comincia così la nostra passeggiata di un paio d'ore, in cui scopro, divertita e sempre meravigliata, che c'è un punto jogging dove potersi anche fare la doccia, il famoso barretto con un aperitivo notevole, un laghetto che sembra fuori dal mondo cittadino, un chiesetta dai richiami greci e la villa patronale che troneggia...

Insomma un pomeriggio sereno, all'insegna delle chiacchere nel verde: bello.
Talmente tanto che quasi non mi sono accorta che per tornare a casa ci ho impiegato poco più di un'ora, ovvero lo stesso tempo che s'impiega per fare il coast to coast in Puglia, da Ostuni a Maruggio....