venerdì 30 dicembre 2011

2012: l'anno che verrà...

Tra un giorno è il 2012. Già fiumi d'inchiostro sono stati versati: i Maya non hanno lasciato scritto niente di allegro in merito, o almeno così parrebbe, o non parrebbe secondo esimi scrittori che si sono dilettati sull'argomento; di certo c'è solo che il loro calendario si ferma l'anno prossimo.

Un'altra cosa che però pare sicura è che il 2012 sarà l'anno del dentro o fuori. Da cosa? In realtà, sembra una definizione che va bene per ogni argomento...

Per esempio il 2012 sarà l'anno in cui si capirà se il giornalismo sarà sul serio la mia professione o solo un sogno lungo dieci anni; sarà l'anno in cui capirò se avrò un altro anno in compagnia del mio augusto genitore; sarà l'anno in cui tutti capiremo se l'economia occidentale ce la potrà fare o se tutto ci crollerà addosso.

Come vedi: il 2012, l'anno che verrà, sarà l'anno del dentro o fuori.

Ieri, nella conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio, Mario Monti ha citato un articolo del Wall Street Journal, in cui -ha spiegato il Professore- in sintesi si dice che il destino dell'Europa è legata alle riforme italiane, e il destino dell'America è legato ai progressi dell'Europa: ne deriva che le sorti dell'Occidente, secondo l'importante giornale economico americano, dipendono dall'Italia.

Ma non sarà una responsabilità un pochino troppo grossa, per questo popolo di santi, di navigatori, di poeti, d'inventori, di migratori, di artisti e compagnia cantando con cognati e amici?

Francamente questa responsabilità m'intimorisce: vero è che il popolo italiano ha mantenuto al potere per svariati decenni una classe politica che gli ha concesso di vivere al di soprà delle proprie possibilità, ma non mi pare che ciò sia avvenuto solo in Italia... ma tant'è...

Così il mondo come lo conosco è prossimo alla fine, questo è evidente, e sono consapevole che alla fine ultima non dipenderà solo da me se il prossimo mio mondo mi soddisferà.

Perchè ho la sgradevole sensazione che non dipenderà solo dalla mia bravura e dal mio impegno il mio continuare a scrivere sui giornali; che non dipenderà solo dalla bravura e dall'impegno dei medici per avere altri anni con l'augusto genitore; ma che dall'impegno e dalla bravura degli italiani dipenderà l'economia occidentale (così ci sarà qualcuno da incolpare?).

L'unica cosa che posso fare è viverlo questo nuovo mio mondo, fino in fondo, perchè qualsiasi cosa accada si possa dire che si è fatto il proprio meglio.

Così, è questo il mio augurio per tutti: che con l''anno nuovo si abbia il coraggio di tentare la realizzazione dei i propri sogni. Perchè il 2012 sarà l'anno del dentro o fuori.

lunedì 26 dicembre 2011

Nelle librerie e sulle bancarelle

Le librerie sono posti magici: scaffali pieni e ripieni di ogni libro desiderabile. Sogni, racconti, ricette e storie: l'umanità tutta, in infinite sfaccettature e declinature, rilegate negli scaffali, ormai non più polverosi, ma lindi e pinti dei grandi marchi di distribuzione editoriale. Alcuni hanno anche un angolo bar, dove puoi cominciare a conoscere il giovane libro che ti conquisterà, tanto d'acquistarlo - e chissà, anche amarlo- mentre sorgeseggi qualcosa, magari mentre fuori piove... E non importa se il giovane libro ha in sè un testo antico di millenni: finchè un lettore non lo fa invecchiare tra le sue mani e sotto i suoi occhi, il libro sarà sempre giovane.

L'avrai capito: per me la libreria è come una porta dimensionale per un altro mondo, dove tante voci silenti stanno tutte insieme, mentre le immagini delle copertine fanno da muto megafono. Per comprendere quale sia il discorso giusto per te in quel momento, ci vuole un po di tempo... lasciarsi passeggiare tra gli scaffali che sanno di carta appena stampata, farsi sedurre dal titolo della copertina che ti 'dice qualcosa', aprire il giovane libro a caso e leggere una semplice frase...

In realtà, per me -avrai capito anche questo- comprare un libro è un piccolo rito, che si conclude sì alla cassa, ma che passa anche per i divanetti dell'angolo bar, dove quel giovane libro è già tuo, ma non ancora del tutto. E allora lo sfogli, attento a non rovinarlo, provando l'emozione di essere il primo ad aprirlo: un'emozione che sembra anche essere del giovane libro stesso, oggetto timido, dalla rilegatura che scricchiola un po, e le pagine tese, quasi rigide, nel timore di non essere apprezzate, capite, accettate... infatti puoi sempre riporre il libro nello scaffale del negozio, ma la traccia della lettura, ad un appassionato, non sfugge, così il libro può essere un non venduto...

Ha paura il libro, di scoprire di non essere riuscito a conquistare, acquistandolo, ma quando esci dalla libreria e sul primo bus passante, o nella prima poltrona casalinga che trovi, o sotto le coperte più soffici, il libro, felice di aver trovato casa, si aprirà non più scricchiolante e le pagine non saranno più tese, ma si offriranno dolci e docili alla lettura che sfoglia e spoglia il racconto.

Ma ci sono altri posti magici, forse ancora di più delle librerie: le bancarelle dei libri usati.

Lì i libri vecchi stanno spesso affastellati l'uno sull'altro, a nascondersi a vicenda, quasi litigassero per avere l'attenzione del passante, desiderosi solo di trovare un nuovo lettore, per raccontare ancora la loro storia, risentendosi giovani.

Lì, frugando in quella bancarella, la ricerca è diversa: i prezzi assolutamente invitanti ti fanno acquistare cose che in libreria, per tanti motivi, non sceglieresti... capita -come in libreria- che tu non trovi nulla di paciavole per te, ma capita anche che torni a casa con un piccolo bottino.

Ti siedi sul divano e guardi i nuovi arrivati: spesso le loro pagine ingiallite portano ancora i segni di un lettore gentile, che non piegava le pagine, oppure di un lettore distratto, a cui magari è sfuggito un goccio di caffè sulle pagine... ma sempre in ogni caso, il tentivo di ricostruire la storia del vecchio libro finito su una bancarella ruberà qualche minuto, prima di riporlo in libreria, o sul comodino, per una prossima lettura in notturna. Certe volte capita di trovare libri molto vecchi, anche degli anni '40, con dentro ancora un biglietto del tram... e così come in una perfetta trama cinematografica, quel libro ha attraversato la storia d'Italia recente, magari da essere lui stesso un romanzo nel romanzo... se solo si sapesse, se solo potesse dire... lui timido non lo è più da un pezzo e anzi sfrontatamente offre le sue pagine alla lettura, ma come sia arrivato a te, rimarrà un mistero.

Ma alle volte capita una cosa che incuriosisce ancora di più di un vecchio libro consumato dal tempo e dall'uso: libri posseduti, ma mai letti. E' facile scoprirli: sono libri ancora govani, in ottimo stato, la copertina, rigida o morbida che sia, non ha pieghe strane, ma soprattutto girando il libro, nel prospetto che poggia sullo scaffale, si nota che le pagine non presentano quell'annerimento tipico della lettura, ma sono candide. Fai la prova con un tuo libro letto a metà: guardalo nel suo basso e saprai fin dove hai letto, e se sei bravo, questa guida può farti anche da segnalibro...

Insomma questi poveri vecchi libri per anni hanno atteso in libreria il loro momento, poi, chissà come e perchè, son stati venduti per poche lire a chi ne avrebbe tratto un piccolo guadagno. E spesso e volentieri sono signori libri, ancora 'realmente' giovani, come Io C'ero, di Biagi, o Libeccio di Folco Quilici... All'inizio, quando li vedi sulla bancarella, ti affretti a prenderli, guardandoti intorno, come un ladro che ha visto una facile preda e non vuole farsela rubare da un altro... e già ti chiedi come mai qualcuno possa essersi voluto liberare di libri scritti da chi sa -o sapeva- scrivere veramente bene; ma solo dopo, sul divano ti accorgi relamente del piccolo tesoro conquistato: quei libri usati, o vecchi, non sono, in realtà, nè uno o nè l'altro...

Sono come amici di amici, che in cambio dell'ospitalità, sapranno regalarti momenti d'umana eternità.

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giovedì 22 dicembre 2011

Cristo sta sempre fermo a Eboli

Ricordo che quando cominciai a leggere Cristo si è fermato a Eboli mi colpì principalmente la difficoltà di Carlo Levi nel raggiungere il paesino lucano dove il regime l'aveva confinato. Quando leggevo quelle pagine avrò avuto vent'anni di meno, circa.

Ma che arrivare nel profondo Sud non sia impresa facile l'ho sempre saputo, quasi come un'informazione contenuta nel dna, forse per i racconti di mio padre sulla sua infanzia... e certo avere difficoltà di movimento ci stava nel 1943: il Sud veramente sembrava abbandonato dal dio dell'uomo...

Ora siamo alle soglie del 2012, l'anno che i Maya dicevano sarà l'ultimo, e il profondo Sud è ancora tagliato fuori dal resto del mondo. A meno che tu non scenda in aereo e soprattutto all'arrivo non abbia un'automobile disponibile per tutta la tua permanenza... perchè una volta arrivato dovrai pur spostarti ogni tanto... ma questo è un altro post.

Dunque, per andare in Puglia puoi farlo in pullman, impiegandoci sette ore e arrivare con le gambe rattrappite, oppure andare in automobile, mettendoci più o meno lo stesso tempo, ma con il vantaggio di essere indipendente.

Ma soprattutto c'è il treno. Le magnifiche Ferrovie dello Stato. Pratiche per tanti aspetti e relativamente economiche. All'inizio delle mie calate solitarie pugliesi, dopo aver escluso per esasperazione il pullman e l'aereo era ancora roba da ricchi, non avendo la patente, o volendo fare giusto una toccata e fuga, il treno era la mia certezza. Anche qui, però con alcuni distinguo: con l'avvento dell'Eurostar, infatti, scoprii che non aveva senso pagare il servizio come una tratta che va a Nord.

L'Eurostar, infatti accorciava le distanze in modo considerevole. Ma solo verso Nord. Il mio Roma - Taranto si fermava ben tre volte a Napoli, più altre fermate in posti rinomati quali Ferrandina, Bellamuro e Metaponto, impiegandoci una cosa come -anche- otto ore... senza contare che spesso i treni erano già sporchi alla partenza.

Fu così che ripiegai sul magnifico notturno: cuccetta nello scompartimento solo donne, partenza alle 23, 30, arrivo a Grottaglie (molto più vicino di Taranto) in mattinata: guadagnavo tutta la giornata e risparmiavo. Nei lunghi anni che così mi calavo nel profondo Sud, scoprii tutto un mondo di studenti fuori sede o italici immigrati che affollavano quei treni: eravamo quello che tecnicamente si chiama turismo etnico, che normalmente muove una certa fetta economica nel turismo, tanto che alcune compagnie aree ci basano interi progetti economici, e infatti quei treni erano sempre, dico sempre pieni, ma tant'è....

Dopo alcuni anni in cui finalmente potevo calarmi in automobile, la scorsa estate volevo ancora avvalermi degli splendidi servizi delle FS, avendo solo pochissimi giorni disponibili (andare in auto era quindi solo una strapazzata), ma con vero orrore scopro che il servizio cuccette tutto era stato soppresso: non che io abbia timori di sorta, ma notoriamente quella tratta in notturna è la meno sicura d'Italia, per via dei ladri. Oggi quel treno è direttamente soppresso: se voglio andare da Roma a Grottaglie devo fare il giro della Puglia, se invece voglio andare a Taranto devo fare mezzo giro del Sud: entrambe possono anche essere interessanti come idee, però non funzionali... Per la cronaca: finì che l'estate scorsa non scesi proprio in Puglia (con il pullman non c'erano proprio i tempi).

Fortuna che ora ci sono le low cost, così se vuoi, puoi scendere nel profondo Sud velocemente, sempre che tu, però come già sottolineato, abbia un'auto disponibile.

Detto tutto ciò, per curiosità oggi vado a vedere il sito di Italo, i treni privati Montezemolo: oltre Salerno non scende, per ora.

Insomma, dopo 70 anni, Cristo sta sempre fermo a Eboli.


sabato 3 dicembre 2011

De Mauro: italiani quasi analfabeti

Mentre Langone ipotizza la chiusura delle università per permettere alle italiche donne di tornare ad adempiere al loro mammifero dovere, il linguista Tullio De Mauro, ormai giorni fa, ha lanciato un allarme strano, direi anche stonato, nel suo anacronistico contenuto: solo' il 29% degli italiani è in possesso degli strumenti linguistici per padroneggiare l'uso della lingua italiana', riporta Repubblica.it.

Nello studio presentato da De Mauro sembra essere chiaro che ci sia il rischio di analfabetismo.

Il dizionario Hoepli mi dice che analfabeta significa sì di chi non sa scrivere e leggere, ma dice anche ignorante o illetterato... ma che strana coincidenza.

Ricapitoliamo: Langone vuole chiudere le università, De Mauro dice che gli italiani stanno diventando analfabeti, mentre pochi giorni fa il leghista Buonanno orgoglioso sosteneva le ragioni dell'identità padana 'perchè esiste il grana padano'...

Chiaramente il buon leghista voleva dire che la cultura padana la si ritrova anche nelle tradizioni gastronomiche, talmente radicate nel territorio da esserne carattere distintivo, nonchè rivelatorio della stessa, e quindi da tutelare. Certo però, che detta come l'ha detta lui....

Insomma la cultura è un concetto vario: può significare l'insieme delle tradizioni linguistiche, tradizionali ecc di una popolazione, anche padana, o di un periodo storico, ma è anche l'insieme degli strumenti che permettono a un individuo di formarsi (e di essere libero)...

Ma se questo individuo, per svariati motivi, non sa 'comprendere' la propria lingua, come se la forma la propria identità? se le italiche donne smettessero di studiare (sostenute anche dai deludenti risultati presentati da De Mauro), e ricominciassero a generare figli, che senso avrebbero, ai fini dei ragionamenti di Langone, se fossero italici analfabeti, a vantaggio dell'anglosassone o dell'iberico?

Polemiche post femministe a parte, ma come si fa a non vedere che c'è bisogno ancora di più di scuola e cultura?

giovedì 1 dicembre 2011

Per Langone ho troppi libri

Sono single, non ho figli, ho un titolo di studio universitario, ho questo blog, con in fase di ragionamento un secondo, e una fetta dei miei guadagni viene dalle parole scritte: tutto ciò secondo Camillo Langone, farebbe di me l'antidemografica italiana per eccellenza, da privare di tutti i libri e penne, per essere confinata non in cucina, che pure pure mi potrebbe piacere, ma in camera da letto, che come noto, dopo un po viene a noia...

Ma principiamo: ieri sera, sul far della notte, colui che alimentò per primo la mia 'presunzione' giornalistica, ha postato su Fb un link ad un interessantissimo articolo su LiberoQuotidiano.it: puoi gustartelo qui.

In sintesi tale Langone, dopo aver fatto una attenta e logica spiegazione sulla gravità della nostra italica demografia vicina allo zero, sforna la sua ricetta di sicuro successo: copio e incollo fedelmente:

"Gli studi più recenti denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che «le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze». E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me".

Chiude proprio così: non prendetevela con me che questi sono i numeri. Ma io, sig. Langone me la prendo con lei, perchè avendo avuto la disgrazia di studiare, ho compreso poi con il mio lavoro di parole scritte, che i numeri vanno interpretati, come pure la realtà che ci circonda.

Ma non mi aspetto che mi segua sul terreno filosofico delle statistiche, così rimango con lei sul terreno dello spicciolo e gretto quotidiano.

"Vorrei tanto che la mia bambina avesse un fratellino o una sorellina, ma per quando odio ammetterlo, non abbiamo i soldi per affrontare le spese": ecco cosa mi ha detto appena una decina di giorni fa la mia carissima Erika, madre della piccola Alice di 15 mesi.

Sìsì. Erika è colta, addirittura interprete, e quindi è colpevole di saper fare due conti aritmetici tra addizione delle entrate e sottrazione delle uscite, e quindi di rendersi conto che un altro bimbo purtroppo grava sui bilanci... ma si tranquillizzi Langone: ancora non ha deciso che fare.

Allora se si vuole che le italiche donne ricomincino a sfornare italica prole che possa andare fiera della propria identità (perchè è questo il problema profondo, vero? il terrore genetico e inconscio di scomparire di fronte a culture altre da noi), la soluzione sarebbe quella di realizzare tutte quelle strutture e quei sostegni alle famiglie che l'attuale contingenza economica sembra rendere pura follia. Non è chiudendo le facoltà universitarie che si risolve, ma mettendo le donne in condizioni di non fare scelte sulla base del reddito, mettendole in condizioni di essere veramente libere di crearsi una famiglia, e senza esserne schiave.

Perchè sig. Langone, la cultura rende liberi. E la libertà non è prerogativa di genere sessuale.

Se poi le pochissime donne che svolgono ruoli rilevanti all'interno della società civile, aiutassero il genere femminile a farsi strada senza diventare 'stronza come un uomo', per dirla alla Vecchioni, questo aiuterebbe molto tutti.


martedì 29 novembre 2011

Fiorello e la leggerezza dello show

Repubblica.it oggi evidenzia il continuo successo di Fiorello nel suo nuovo show d'intrattenimento, Lo Spettacolo più Grande dopo il Weekend: si parla di 43% di share, ovvero seguito da oltre 11 milioni di persone, dove l'oltre è prossimo ai 12 milioni.

Niente da stupirsi: Fiorello è uno dei nostri showman migliori, con una capacità di tenere il palco formidabile. Ed tutto un coro di applausi e congratulazioni e riconoscimenti. Tranne per una voce fuori dal coro.

All'indomani della prima puntata Sabrina Guzzanti aveva sparato su Twitter uno stridente "noioso", a cui Fiorello aveva twitterato un feroce "mi fai tristezza". E i dati di ascolto in seguito hanno confermato il successo di Fiorello.

Però non è che la Guzzanti abbia tutto' sto torto... ho visto tutte e tre le puntate e devo ammettere che tranne qualche siparietto veramente delizioso, come quando racconta le sue disavventure con la figlia adolescente, o nel monologo di apertura, non è che i contenuti siano veramente all'altezza di Fiorello....

Tant'è che ieri l'ho seguito di sottofondo, mentre di fatto lavoravo al pc: se qualcosa mi colpiva, seguivo, altrimenti mi concentravo su altro... quando si dice farsi fare compagnia dalla tv...

Il punto è che alla terza puntata consecutiva mi sono vista ancora Fiorello 'trovare' casualmente degli ospiti famosi in sala con cui improvvisare due battute, pescare la bella show-woman di turno e fargli tradurre messaggi improbabili diretti ai grandi della terra, oppure il teatrino di X Factor, con Baldini-Ariso e lui in copia a Morgan... insomma ripetitivo, anche con gli ospiti sportivi, con cui intavola un palleggio, che sia di tennis o di palla a volo.

Poi qualcuno dovrà spiegarmi ieri sera, verso la fine dello spettacolo, quando Fiorello è andato a salutare la venerabile cariatide della Carla Fracci, e la camera ha inquadrato perfettamente Brignano sullo sfondo, senza che lui sembrasse vederlo... ma possibile mai che nessuno gli abbia sparato un 'gobbo' per avvertirlo? sarà perchè ora Brignano è in forza alla concorrenza? peccato perchè un duetto Brignano- Fiorello sarebbe potuto entrare nella storia della tv...

Morale: il più delle volte mi trovavo a pensare "beh adesso parte in quarta e esce fuori il vero Fiorello", ma finisce la puntata e rimango lì, pensando "...carino...".

Però il prossimo lunedì sarò lì a guardarlo, magari ancora con il pc su cui scrivere o con un libro da leggere, lasciandomi cogliere solo dai teatrini realmente divertenti, magari con un Brignano ritrovato... ed il perchè è semplicissimo: lo spettacolo è leggero.

Leggero come una piuma di pulcino che svolazza atterrando delicatamente, mentre non c'è nessun bisogno di ricordare il contesto socio-economico e geopolitico in cui ci troviamo, nè tanto meno di accennare ai miei acrobatismi strettamente personali... ma neanche ricordare le alternative televisive del Grande Fratello o l'Infedele, che indiscutibilmente aiutano Fiorello.

Il punto è che nonostante sia prossimo il Natale, l'aria è pesante come una giornata di soffocante scirocco estivo e così, anche se Fiorello appare in video non al 100% delle sue straripanti possibilità, arrivando anche ad essere ripetitivo, è quanto di più leggero e rasserenante c'è in giro ora.

E se c'è bisogno di qualcosa adesso, è proprio di leggerezza e rassicurazione. Per questo io e altri svariati milioni lunedì prossimo vedremo Fiorello.


lunedì 21 novembre 2011

Egitto: la rivoluzione non è finita

‘Con quello che sta succedendo al Cairo, ci tornerai in Egitto?’ mi hanno chiesto… Sì, sì che ci tornerei.

L’ultima volta che ci sono andata, nel corso della crociera sul Nilo, ho avuto modo di fare due chiacchere con un cooperante italiano, che in Egitto vive da alcuni anni, che mi ha parlato apertamente di colpo di stato da parte dei militari, spiegandomi le sue motivazioni. E per la verità non sapevo cosa pensarne: impiegati del consolato mi avevano invece parlato di piena logica legale nell’operato dei militari. Questi due pareri contrapposti mi avevano lasciato perplessa, ma evidentemente il cooperante italiano aveva ragione, se domenica sera anche il commentatore di Rai News24, Zuhir Louassini ha apertamente parlato di colpo di stato.

Secondo il cooperante, infatti, i militari non dovevano prendere il potere, ma lasciare il governo al vice presidente, aspettando le elezioni. Elezioni, che mi spiegava, sarebbero state assai relative, perché la repubblica egiziana non è parlamentare, ma presidenziale. Al mio ribattere che infondo non si poteva tenere un vice presidente così compromesso con Mubarak, e che, se si deve cambiare la costituzione, serve prima un parlamento, lui mi ha amabilmente risposto che però di fatto non è cambiato nulla: ‘ i militari continuano a fare quello che facevano prima: non è cambiato nulla. Anche perché sono proprietari di alcune aziende statali, come il metrò del Cairo. La rivoluzione è tutt'altro che finita’.

Parole che oggi sembrano drammaticamente profetiche. Sembra proprio che quando si assapora il potere non si ha poi nessuna volontà di lasciarlo… nel mondo arabo poi è proprio una questione endemica di controllo delle popolazioni. E i militari egiziani non fanno differenza, anzi: sanno che quello che succederà in Egitto nei prossimi mesi sarà una sorta di ago della bilancia per tutto lo scacchiere mediorientale post Gheddafi, alle prese con le rivolte siriane e yemenite… e il mio pensiero va a Aliaa Magda, la blogger egiziana che sfidando tutti i tabù islamici, s’è mostrata in un nudo artistico sul suo blog, mettendoci non solo il seno, ma anche faccia, nome e cognome… spero che nulla di male le capiti. Ma questa azione di Aliaa è anche il segnale che i giovani non ci stanno più, con tutte le conseguenze del caso… e non posso neanche non pensare che a Wall Strett la polizia non sa gestire la ribellione pacifica di altri giovani e mi chiedo come sia possibile non vedere che il mondo tutto stia sobbollendo in un cambiamento, ma questo è un altro post…

Tornando in Egitto... posso solo immaginare il senso di frustrazione che può provare questo paese, che veramente credeva di una ripresa. Penso alle persone con cui ho lavorato e parlato in questi ultimi tre viaggi egiziani (da febbraio a oggi), al loro entusiasmo e alla loro voglia di normalità e di democrazia: sì, immagino la loro frustrazione nel vedere tutto il lavoro fatto andare letteralmente in fumo...

Non lo so quello che succederà, ma secondo l’inviato di Rai News24, le prossime elezioni, che non sono state cancellate, sono fortemente volute dal partito dei Fratelli Musulmani e dal mondo religioso in genere… il che non depone propriamente bene e già questo potrebbe spiegare la guerriglia di ieri…

E allora perché ci tornerei? Beh, perché, l’ho già scritto: mi piace troppo fare le valige e andare a vedere, ma anche perchè io in Egitto mi sono sempre sentita sicura. Neanche quando, a fine febbraio, ero al Cairo, con la rivoluzione appena finita e in piazza Tahrir c’erano sporadici scontri con i militari, ho temuto per me. E non solo perchè sono una mezza incosciente, ma perchè, semplicemente, non ho mai visto nulla di preoccupante nei percorsi turistici.

In attesa di un altro viaggio egiziano, spero che tutti questi morti non lo siano stati in vano.

sabato 12 novembre 2011

L'Anti-politica e il Governo Tecnico

"Ma cche davero?" mi chiedo, alla romanaccia maniera, sbigottita nel sentire in giro che c'è chi difende l'idea, per me indifendibile, di votare a gennaio.

Nello specifico penso a Ferrara e al suo intervento nel Teatro Manzoni di Milano: «Quella del governo Monti è la vera anti-politica. Questa è un’eresia terribile: al limite, e vi invito a fischiarmi, una volta tenute le elezioni non importa se il governo sarà di destra o di sinistra ma deve essere il governo scelto dagli italiani». Perchè, secondo Ferrara, un governo tecnico sarebbe la fine della democrazia politica: «Una volta per questo si usavano i carri armati, ora si usa lo spread» spiega.

Uhm... argomenti interessanti: in pratica Ferrara dice che la politica interna italiana è di fatto gestita dall'UE e dai mercati, che hanno arbitrariamente deciso di picconare il nostro prossimo ex premier Berlusconi.

Ed è per questo che rimango sbigottita e mi dico "Ma cche davero?" alla romanaccia maniera: possibile mai che una persona intelligente come Ferrara non abbia capito che in una comunità come quella europea la politica interna non è poi così interna, perchè riguarda tutti? non per niente abbiamo passato gli ultimi mesi a sentire gli economisti parlare di contagio.

Secondo Ferrara solo dalle urne elettorali può uscire un governo. Tecnicamente è così. Tecnicamente anche io vorrei che non ci fosse bisogno del Presidente della Repubblica che decida chi deve essere il Primo Ministro, che poi a sua volta decide chi farà il ministro e dove, senza sapere durata o programma.

Certo che è brutto. Ma a Ferrara, e a chi la pensa come lui, sembra sfuggire un dato importante: la democrazia è vera democrazia quando ti scegli il tuo rappresentante, che poi da eletto fa il bene comune, secondo coscienza e programma.

Mi pare, e correggetemi se sbaglio, che in Italia, queste due piccole, insignificanti, prerogative, non esistano più da un pezzo; e anche a voler richiudere gli occhi e a riturarsi il naso, chi dovremmo votare, secondo Ferrara? che ognuno tira l'acqua al suo mulino dimenticando che l'acqua stessa sta finendo per tutti...

Chi? vorrei tanto sapere... Berlusconi e il suo harem? Bossi e la sua Padania, così simile all'Italia tutta? Bersani, con la sua opposizione invisibile? Fini, Casini e Rutelli con la loro democrazia cristiana rifondata? oppure l'ambiguo Renzi o Vendola con i suoi laboratori? o magari Di Pietro, contrario a tutto per partito preso...

Che poi un paio di nomi a me personalmente non dispiacerebbero neanche, ma è che se veramente si vuol parlare di democrazia, bisognerebbe prima cambiare la legge elettorale...

... ma non c'è tempo, se è vero, come è vero, che i mercati hanno fatto cadere il governo, non c'è tempo di ragionare su una nuova legge, come non c'è tempo, nè possibilità di scelta, per chiedere agli italiani di decidere su un programma per uscire dalla nostra crisi. Perchè non è solo una crisi finanziaria, è la crisi del sistema Paese, che se continua così ce lo giochiamo. E la moneta comune dietro al sistema Italia.

Per questo c'è fretta, e non c'è spazio per i sofismi filosofici, per altro neanche letterali, ma solo propagandistici. Ergo, il programma di governo è ben relativo: quello che bisogna fare si sà benissimo da un pezzo, ma sempre per la logica dei mulini...

Detto tutto ciò, non trovo per nulla scandaloso che per salvarci si ricorra a un governo tecnico.

Lo scandalo, che sarebbe sì anti-politico, sarebbe se la politica italiana non comprendesse che questa è l'occasione che ha per ricomporsi, per renderci un paese di nuovo orgoglioso di sè e finalmente equo.


giovedì 10 novembre 2011

Ah Che Sarà - ovvero Governo Tecnico

Elezioni, vanno sospirando e cantando alcuni esimi parlamentari in transatlantico.
Mica così semplice, però...

I tempi si sono indiscutibilmente trasformati: mai come adesso la relatività del tempo -neutrini permettendo- è protagonista. Perchè la storia cambia in un battito di ciglia, e questo la gente lo sa, complici i new media intersecati ai social net. Lo sa prima ancora che i protagonisti storici se ne accorgano.

Come è accaduto al nostro prossimo ex premier Berlusconi, che ha piegato un intero paese al suo orgoglio personale: per un anno ha ignorato i segnali della storia, tirando il suo governo per le bretelle dei pantaloni, che pure sfuggivano di qui e di là... esacerbando gli animi al punto tale da trasformare gli elettori in tifosi da stadio: e sai bene cosa può fare una frangia estrema.

Certo però che non ha fatto tutto solo: l'opposizione gli ha dato delle sponde notevoli, foss'anche solo nel continuare a dargli retta. Infatti non hanno giocato la loro partita a scacchi, ma sono stati a copiare, ribattendo le mosse della partita, tutta personale, del nostro prossimo ex premier Berlusconi, che ha ceduto solo quando il mercato, unica sovranità evidentemente da lui riconosciuta, gli ha intimato l'altolà.

Non amo ragionare sul 'se si fosse fatto', anzi lo trovo veramente fastidioso. Indietro non si può tornare. L'unica cosa che si può fare è capire il passato per incidere il futuro.

L'Italia ha buttato un anno, che per come vanno le cose, ha la valenza di un decennio: il governo tecnico Monti bisognava farlo il 15 dicembre 2010 e già sarebbe stato tardi. Quindi ora bisogna correre e correre sudando lacrime e sangue, che neanche il tempo di fermarci a piangere abbiamo.

E la gente lo sa, e come sa pure che è cambiata la velocità della storia, sa anche che si è superato il limite di guardia: l'esercito dei mercenari parlamentari nell'ultimo anno ha dato di sè lo spettacolo più vero e cristallino, ovvero quello di arraffone parassita. Magari ci sarà anche qualche onesto parlamentare, ma il suo rimanere tra quegli scranni l'ha inesorabilmente marchiato a connivenza.

Elezioni, vanno sospirando e cantando alcuni esimi parlamentari in transatlantico, ma per eleggere chi e con quale legge elettorale?

Elezioni, vanno rispondendo, sospirando e cantando cocciuti e testardi, alcuni esimi parlamentari in transatlantico. Massì, certo, elezioni. Però prima bisogna rifare tutto da capo.

Nessuno ha il coraggio dirlo, ma ci vorrebbe un nuovo governo costituente, che rimetta tutto al proprio posto. Ci vuole qualcuno che mandi tutti a casa e riporti la politica alle sue origini greche: arte di governare gli stati, amministrazione della cosa pubblica. Ci vuole 'sangue nuovo', come nelle famiglie nobili: sangue del popolo che sa che significa fare i conti con la crisi, e che il ristorante non lo pensa neanche, non come questo esercito di mercenari parlamentari che non sa neanche quanto costa un litro di benzina verde alla pompa...

Come si fa a risanare un Paese se non lo conosci?

Però, mentre ascolto Ah Che Sarà, della Mannoia, penso che ce la faremo, come sempre, perchè gli italiani solo nell'estremo riescono a dare il meglio di loro.

E spero che la prossima presunta designazione di Monti a Primo Ministro di un governo tecnico sia solo l'inizio di quel secondo Risorgimento italiano di cui l'inverno passato vedevo gli albori.



mercoledì 9 novembre 2011

17 novembre Festa dei Gatti Neri


Se il 17 febbraio è la festa dei mici in generale, il 17 novembre è la festa dei gatti neri.

Quindi è la festa della mia Costanzina, di nero pelo rivestita.

Sì, ma forse lo sai già, ho un gatto nero: Costanza. Che a ben guardare tutta nera nera non è: qui e là sul petto e sulle cosciotte ha qualche pelo bianco, poi se il sole la illumina ti accorgi che ha anche qualche riflesso rosso mogano.

Ma non solo Costanzina mia ha questi piccoli difetti cromatici: anche gli altri gatti neri che puoi vedere in giro, sotto sotto hanno altri colori addosso.

Perchè il vero gatto nero corvino è stato estinto da un bel pezzo, pare già dai tempi del Medioevo.

Tante brutte dicerie si porta dietro il gatto, figurarsi il gatto nero: tra idioti scaramantici e folli riti satanici, chi ci è andato di mezzo è stato lui, il gatto nero, reo di essere solo un po troppo corvino... così quelli che ora si vedono addormentati al sole o in piena caccia, sono solo un riflesso di quello che sono stati i suoi antenati... e se già Costanzina mia si merita l'appellativo di panterina, chissà i suoi trisavoli quant'erano belli...

Per questo da qualche anno s'è deciso di dedicare un giorno al gatto nero: proprio per sensibilizzare i ben pensanti all'assoluta normalità felina dei mici neri. E per rincarare la dose, certo con un bel senso dell'ironia, s'è scelto proprio il 17 novembre.

Così se ti capita di vedere un micetto nero che attraversa la strada, non fermarti ad aspettare che qualcun altro tagli la via, portandosi dietro la sfurtuna: è tempo perso, che quel micetto ha certo altro per la testa che portarti male... tipo essere contento che non l'hai investito (per la cronaca: il 50% dei cuccioli di tutti i colori non superano il secondo anno di vita, proprio per le automobili), oppure mettere insieme la cena con il pranzo se è un randagino, e allora adottarlo sarebbe cosa buona e giusta, nonchè molto fortunata.

Sì perchè i gatti neri, non sanno di essere neri. Come i gatti bianchi non sanno di essere bianchi. Ma tutti sanno di essere belli e eleganti, giocherelloni e dispettosi, affettuosi e distratti, e sanno che regalano alla casa un calore tutto particolare quando la abitano. Un calore che diventa anche fisico, quando d'inverno ti si accoccolano vicino...

Ma per l'apologia del gatto aspetterò il 17 febbraio... intanto pensa che il gatto nero, non è più nero...


domenica 6 novembre 2011

Sul Nilo e nel deserto in Egitto

Polveroso e caotico, il 'mio Egitto' l'ho riconosciuto subito, quando dall'aereo che atterrava, l'ho visto tra le deboli nuvole che coprivano il Cairo.

Sì, di nuovo in Egitto, ma questa volta per una mini crociera sul Nilo: il mio sogno.

Un sogno che è stato come mi aspettavo: la dolcezza del Nilo, il grande, imponente Nilo, incorniciato da palmeti e coltivazioni, arrossato dal tramonto e navigato dalle silenziose feluche. Ogni tanto dei bambini a giocare con il pallone sulla riva, e casupole o piccoli villaggi di misere case in mattoni crudi, a sfilare come immagini di un set cinematografico. Ma chi sfilava, in realtà, eravamo noi, sulla nostra splendida MayFair, a bere the, mentre la voce del muezzin ci affascinava, tenendo loro nel loro mondo, sulle rive del grande Nilo, e noi nelle nostre fascinazioni.

Poi la nave si fermava e sulle rive del grande Nilo, si andava alla scoperta degli antichi, antichissimi fasti di una civiltà estinta...

I templi di File, anche loro spostati per salvarli dalle acque della diga, incorniciati da montagne di granito, che -credimi- fanno somigliare il paesaggio alla Sardegna; o quelli di Esna e Edfu, dove cominci a intuire la vera imponenza delle costruzioni antiche e scopri mistiche scalinate nascoste tra le stanze; o la splendida Kom Ombo, dove le pitture sono ancora visibili e al tramonto vibrano, vivendo di luce insieme ai blocchi di pietra lavorata.

Ma è a Luxor, la splendente che fù Tebe, dove il tempio di Karnak con orgoglio regale costringe il visitatore ad essere guardato dal basso verso l'alto, intimidendolo, mentre commosso dall'imponente e possente colonnato, che sembra realizzato ieri, tanto - a tratti- i basso rilievi sono ancora intatti,il visitatore cammina tra i resti del fasto che è passato.

Avere la possibilità di girare nel grande complesso senza la fastidiosa compagnia di orde di altri turisti è una vera esperienza: pennuti egizi di varie dimensioni a cinguettare dall'alto di un architrave istoriato a geroglifico, mentre il vento parla tramite la kefia che protegge la testa dal forte sole... e tu seduto contempli intorno, e se non fosse per qualche passante in galabia e turbante, l'illusione di esser soli sarebbe felicemente reale. Mentre pensi che il Colosseo ha qui in Egitto un degno antagonista architettonico. E che dopo tutto, forse, gli extra terrestri esistono: qui è tutto così 'troppo'.

Ma l'emozione più assoluta, intensa, ed intima, è il deserto che la regala. Un deserto che a Occidente del grande Nilo è già Sahara, ma che per molti chilometri conserva le caratteristiche rocciose del deserto orientale, quello verso il Mar Rosso.

Cinque le ore di pullman per arrivare all'Oasi di Kharga, da Luxor, ma che le valgono tutte.

Non è l'oasi dei film, con quattro palme e una pozza d'acqua: è un'ampia zona, perfettamente antropizzata, che però sorge nel nulla di un deserto, dove solo qui è là ti regala la sorpresa di grandi dune sabbiose. Ma se mentre le osservi dal finestrino impolverato del pullman, nelle orecchie ti arrivano, regalo inaspettato, le note di Desert Rose, difficile, veramente difficile, contenere l'emozione.

Ma qui e là, a pochi minuti fuori il centro abitato, non solo dune: anche la meraviglia del complesso cimiteriale di El Bagawat. Legato alla figura di Nestorio, condannato come eretico a Efeso nel 430 e rifugiato nell'area di Kharga, oggi questa necropoli, che sembra una piccola città, stupisce i moderni viandanti per l'armonia greca delle forme e la resistenza delle sue mura, che pure a toccarle con mano si sbriciolano tra le dita...

Ovunque, oltre le case-tumolo di El Bagawat, è deserto. E certo non deve essere bello perdercisi o marciarci come Lawrence d'Arabia o gli arruolati nella Legione Straniera, ma a piccole dosi, con la certezza di poterlo fuggire, il deserto è meraviglioso.

Nel campo tendato Tabuna Camp, a sessanta chilometri da Kharga, nell'area conosciuta come Dush, è possibile allontanarsi nel deserto quel tanto da essere ancora visti, ma non disturbati.

Una spianata di deserto polveroso, con miriadi di sassolini colorati di bruno su cui sederti, mentre il vento - qui più forte-, sbatte la kefia come una bandiera; luce accecante ovunque, a far piangere gli occhi nudi, e di fronte, loro: le dune che immobili cambiano forma, mentre china ai suoi piedi la Fata Morgana brilla di illusione liquida. E allora può capitare di comprendere gli eremiti e i profeti del Vecchio Testamento, facendo sembrare la civiltà un fastidioso richiamo.

Forse ora mi chiederai se non ho avuto paura ad andare in Egitto con gli echi dei venti di rivoluzione che arrivano confusi oltre Mediterraneo... no, ti rispondo.

No perchè, sebbene abbia poca esperienza vera e diretta con gli egiziani, è però abbastanza da sapere quanto questo popolo sia consapevole dell'importanza economica di noi turisti; no perchè, anche quando andai a febbraio, con la rivoluzione appena finita, non ho mai visto nulla di preoccupante.

Ma la verità è che mi piace troppo fare le valige e andare a vedere....

venerdì 4 novembre 2011

Gli indisciplinati del MayFair

Prendi la dolcezza del Nilo, facci navigare un’elegante nave con sopra una quarantina d’italiani che riassumono tutte le sfaccettature umane, poi metti un invito a cena a posti liberi -che solo dopo scoprirai esser definitivi- e frulla tutto: avrai così la creazione del gruppo degli Indisciplinati del MayFair.

La mia dolcissima Valentina del Tennis, amica fidata e complice di altri brevi viaggi, finalmente nel ‘suo’ Egitto; la fichissima Martina, che ha fatto della sua comunicatività spumeggiante il suo (azzeccatissimo) lavoro; l’Irene telefonica, con i suoi ‘scusate fo una telefonata’ poteva solo essere in forza a Phone&Go; Camilla la lady distratta, che ogni tanto confondeva le rovine polverose per una spiaggia delle Maldive; Federico il crocerista, uomo comunicazione per eccellenza, con la goliardia di uno scugnizzo; Marcello il silenzioso, a scattare –inosservato- frammenti di tutti noi; Davide l’assediato, innamorato della fotografia e del suo libero arbitrio relazionale; Federico il cameraman, al seguito come gregario, con lo spirito di sprinter…

Loro i miei meravigliosi compagni di avventura, che hanno potuto dare il meglio anche grazie all’involontaria partecipazione di personaggi d’eccezione, quali l’assediante e la presidente, che semplicemente con il loro naturale essere, hanno fornito diversivi particolari. Un ringraziamento come guest star va al Masciullo e al turchese Falessi: speciali.

Ma principiamo: con la fichissima Martina, Camilla la Lady distratta e l’Irene telefonica, c’eravamo già testate in altri viaggi egiziani, come pure col Masciullo, il turchese Falessi, Alessandra ufficio stampa e Antonella dell’Ente. Davide, io e Valentina, lo conoscevamo già da lungo tempo, ma questo è un altro post. Gioia e tripudio dunque quando in fase organizzativa scopro che in questo viaggio si riunirà la comitiva dell’Egitto, con l’aggiunta speciale della Valentina del Tennis. Ma con una quarantina d’italiani che riassumono tutte le sfaccettature umane, la selezione naturale d’età, e dinamiche professionali, già dalla prima sera a cena avevano creato equilibri piuttosto definiti.

Sicchè io, Valentina del Tennis, la fichissima Martina, Marcello il silenzioso e l’Irene telefonica ci sediamo al tavolo, che nota bene, era da sei: un posto rimaneva libero, dove fu invitato il Federico crocerista, che invece ignaro di tutti si aggirava tra l’incuriosito e il perplesso… la sua elegante sobrietà, condita inizialmente da serio distacco, rimarrà incisa nella storia delle metamorfosi confidenziali.

Dunque il tavolo era da sei, e per comodità organizzative, solo dopo esserci seduti, scopriamo che da lì a tre giorni, avremmo consumato tutti i nostri pasti solo in quel tavolo: per noi un’ottima notizia, con segreto sollievo, ma non così per altri: ‘Mi adottate?’chiese Camilla la lady distratta già al pranzo del giorno dopo. I camerieri perplessi hanno ufficializzo la pratica. Ma solo la sera il tavolo si completò definitivamente (e solo per carenza di spazio), con la richiesta di Davide l’assediato: ‘mi aiutate?’ chiese tra l’imbarazzato e il divertito per sfuggire ad una compagnia ormai ingombrante. I camerieri sempre più perplessi. Rimaneva fuori Federico il cameraman, che con i suoi equilibri da gregario, era con noi in spirito, il più delle volte.

Inizia così una settimana fatta di pura goduria, sotto il sole nell’idromassaggio sulla terrazza della nave, terrazza su cui abbiamo anche gustato the, mentre il sole tramontava dietro le palme che scorrevano come la più bella delle scenografie. Ma solo quando la sveglia all’alba non ci portava tra imponenti templi, ed io non mi perdevo nella contemplazione e andavo poi da Federico il cameraman, per indicargli scorci che ancora non aveva potuto scoprire; o quando con Davide l’assediato non finivo nelle case della gente egiziana, ritrovandomi a mangiare pane appena sfornato da un improbabile forno di fango; oppure quando non saltavamo tutti insieme tra piccole dune del deserto occidentale verso Kharga; o quando in pullman, tra uno spostamento e l’altro, non occupavamo i posti in fondo, da scolastica memoria; o ancora la sera a chiacchierare nel meeting point della nave: riparata balconata da cui si poteva godere del panorama della navigazione, senza prendere il freddo della sera. Il tutto mentre l’occhio attento di Marcello il silenzioso ci immortalava nelle nostre naturalezze, spesso assorte e meravigliate da tanto splendore.

In questa settimana di allegria non sono mancati momenti di tensione: l’aiuto mio e di Valentina, modella di eccezione, a Davide l’assediato, è stato così tanto frainteso da diventare fonte di sporadici, ma intensi nervosismi, mentre i nostri reiterati ritardi, tra una sosta e l’altra, dedicati a fare fotografie ci hanno regalato un magnifico ‘scusa un cazzo’ e un ‘imbecilli’ da parte della presidente: fortunatamente tutto risolto e chiarito, anche con l’aiuto del Masciullo e del turchese Falessi.

Di questo viaggio, partito sulla MayFair da Assuan, fino a Luxor, continuato in pullman verso occidente, nell’oasi di Kargha, arrivato poi al Cairo e conclusosi con un salto collettivo nella polverosa balconata panoramica delle piramidi di Giza, dopo la corsa ad aeroplanino con Federico il crocerista, ho solo il rimpianto che sia finito.

Fino alla prossima, certa, ricomposizione degli Indisciplinati del MayFair.

domenica 16 ottobre 2011

Roma, 15 ottobre 2011: le domande del giorno dopo

Se ieri sera era il momento del racconto, oggi è il momento delle domande. Domande che non avranno mai risposta, lo so, ma non posso non farle.

L’ho già scritto: i black block fin da Colosseo erano infiltrati nel corteo: impossibile non riconoscerli, anche per chi non è pratico di manifestazioni e proteste di piazza. Non erano tantissimi, io ne avrò visti una cinquantina, certo ce ne saranno stati altri... ma tutti a viso coperto: perché la polizia non li ha fermati per accertamenti?

Ieri sera, al sicuro a casa, mi ha fatto tanto ridere, ridere amaro Telese, che dagli studi di La7 chiedeva a quelli ancora in piazza perché noi manifestanti non abbiamo isolato i black block… ma se neanche la polizia c’è riuscita, con i loro potenti mezzi, come potevamo noi?

Isolare i black block prima di arrivare in piazza S. Giovanni, questo doveva fare la polizia; doveva difendere l’ordine pubblico, ovvero tutelare le centinaia di manifestanti pacifici che già gremivano la pizza. Invece ci siamo trovati intrappolati, tra la Basilica e gli scontri, senza vie di fuga ed hanno permesso che loro, infami black block, dopo le cariche si buttassero tra i ‘civili’, così che la polizia caricava tutti, bianchi e neri. Perché hanno permesso che arrivassero in piazza, se gli scontri erano cominciati in via Labicana?

Perché il Viminale non ha chiesto l’intervento dei carabinieri? sarà perchè il mio augusto genitore è stato nella benemerita, e quindi la mia fiducia nell’Arma è quasi totale… ma sono convinta, anche razionalmente, che militari addestrati alla guerra vera, e alla tutela dei civili, avrebbero saputo gestire la situazione in maniera più cristiana.

In maniera cristiana… perché gli alti prelati del Laterano hanno aperto il cancello del cortile solo dopo che un lacrimogeno ha sbattuto contro i loro cancelli, ovvero addosso a me e Antonio? Era almeno un’ora buona che eravamo asserragliati sulle scalinate, evidentemente in trappola, perché non ci hanno aperto subito? C’erano in quel serraglio famiglie, donne con bambini: dov’era la carità e la misericordia cristiana, in quell’ora buona di attesa?

Ora sono a Barcellona, su una nave crociera per lavoro, le mie amiche mi dicono di godermi il mio viaggio… ma nelle orecchie ho ancora i boati dei lacrimogeni sparati, che ho saputo erano anche scaduti… questa mattina all’alba, infatti, ero a fare colazione al terminal 3 di Fiumicino, mentre bevevo il mio caffè i barristi commentavano i fatti di ieri: abbiamo cominciato a parlarne e mi hanno detto che sono stati trovati dei bussolotti di lacrimogeni che portavano la data di scadenza già superata: “è per questo che era così tanto arancione e vi ha bruciato tutto per più di cinque minuti”, mi ha spiegato il barista che evidentemente la sapeva lunga… ancora non ho cercato riscontri in rete di questa cosa, ma so che questa mattina mi sono svegliata con insoliti sfoghi cutanei …

Perché?

sabato 15 ottobre 2011

Roma, 15 ottobre 2011, piazza S. Giovanni. C'ero.

Quando oggi sono arrivata alla metro ero contenta: c'era il sole, l'aria era calda e i ragazzi erano allegri. Ho pensato che la manifestazione sarebbe riuscita bene. Perchè c'era tanto da dire, tanto da dimostrare, pacificamente indignati. Anche perchè era splendida l'idea che in tutto il mondo ci fossero manifestazioni per dire la stessa cosa, in tante lingue diverse.

All'appuntamento con Nadia e suo cugino Antonio eravamo contenti e giulivi...

Ma l'aria già da via Cavour s'è fatta pesante e brutta, con le auto bruciate. Poi a Colosseo li ho visti. I black block. Non li ho visti solo io, tanto che dalla balconata sopra la metro, gli 'spettatori' gli urlavano di andare via, di uscire dal corteo... E se il abbiamo visti noi...

Ora mi chiederai perchè non me ne sono andata, subito: se c'erano loro era ovvio che poi ci sarebbero stati guai... ma io, Nadia e Antonio, ancora speravamo che tutto potesse andare bene, che in piazza ci fosse solo festa...

Invece di questa giornata mi rimarranno incise nella memoria quattro scene.

L'arrivo in Piazza S. Giovanni, dove i primi arrivati si erano già seduti sui prati e i più divertiti suonavano i loro tamburi, mentre noi a riposare sotto gli alberi, dopo la bella scarpinata. C'era uno striscione tenuto su con palloncini colorati. Ma non ricordo polizia o carabinieri.

Poi a un certo punto il finimondo: non so perchè e per come, ma da via Emanuele Filiberto, verso via Appia, ho visto partire le cariche, che ci chiudono la via d'uscita dalla piazza. Una camionetta, senza un perchè per me apparente entra in piazza, e con l'idrante allaga tutto e tutti. Noi tre, a una ventina di metri dall'acqua, respiravamo dietro fazzoletti bagnati, per evitare l'irritazione dei lacrimogeni.

A quel punto era evidente che eravamo topi in trappola: l'unica cosa che potevamo fare era salire verso la Basilica. Lì c'erano tante altre persone, che come noi stavano tranquilli (senza cori, senza provocare, senza fare nulla se non guardare). I 'botti' dei lacrimogeni sparati riempivano le orecchie come scoppi di bombe regolarmente esplose... per noi, sopra la piccola scalinata della Basilica, la pace è durata solo per un'oretta, poi le cariche sono cominciate a partire anche tra la chiesa e l'altro edificio sacro, quello della Scala Santa. Sotto di noi una fiumana che correva dapertutto per non farsi investire della camionetta con l'idrante, che ora si muoveva tra la folla come se fosse impazzita. Per evitare di essere travolta dalla gente che scappava verso di noi, ho dato le spalle alle piazza, appoggiando le mani sul muro della cancellata che chiude la Basilica. Errore. Sento qualcosa colpirmi la spalla, lo lascio cadere e capisco che è un lacrimogeno (in realtà con sollievo: per me nell'immediato poteva anche essere qualcos'altro di peggio) : fumo arancione ovunque, io che respiro da dietro il fazzoletto bagnato, andando dalla parte opposta, verso via Sannio. Ma intuisco già che Nadia non è più con me. Ho Antonio vicino, ma lei no. Di fronte all'ingresso chiuso della chiesa ormai non c'è quasi più nessuno, solo fumo arancione. Lì ho la vera paura: è certezza: dov'è Nadia? Torno indietro, nella nebbia irritante arancione, già gli occhi mi bruciano. Con le mani alzate- perchè non so cosa c'è dietro la cortina arancione-, torno indietro chiamandola con tutto il fiato. Come in un film lei esce dalla nebbia. Abbracciandoci stretti tutti e tre, con gli occhi, la gola e il naso che bruciano, torniamo verso via Sannio, ai giardinetti al lato della Basilica.

Lì lo spazio è più aperto: la gente non è compressa, l'aria più respirabile, noi ancora increduli ci guardiamo. A un certo punto io e un ragazzo ci scontriamo, come capita quando si cammina di corsa. Entrami ci giriamo a scusarci, mentre ci guardiamo negli occhi. Nei suoi occhi ho visto i miei: sbarrati, arrossati e lacrimosi, che esprimevano l'interrogativo del perchè ci siamo trovati un lacrimogeno addosso senza aver fatto nulla per meritarcelo, se non essere lì a manifestare. Pacificamente. Noi. Ci guardiamo così, per un lungo momento, riconoscendoci come sconosciuti, ma uguali; esseri umani in quel delirio di violenza senza senso, mentre le nostre mani, che per inerzia ancora sono sbattute l'una contro l'altra, si stringono debolmente per un istante.

Poi finalmente i preti aprono i cancelli del complesso di S. Giovanni in Laterano: abbiamo una via di fuga, mentre gli occhi rossi, il naso e la gola continuano a bruciare, e io che ripeto quasi come un mantra "non preoccupatevi, ora passa". Intanto dall'altra parte ancora si sta scatenando il finimondo, che durerà per molto.

Il resto è cronaca di una fuga: infatti a quel punto la priorità è andare via seguendo una strada sicura: ma Roma era tagliata in quattro: verso Termini c'era l'inferno, idem verso piazza Tuscolo e ovviamente in piazza S. Giovanni; il corteo intanto scendeva verso Circo Massimo da via dell'Ambaradam. L'unica: andare verso la Colombo dall'interno 'libero'del quartiere di S.Giovanni. Così noi tre, con altre due ragazze incontrate per strada dopo la fuga in territorio extra vaticano (si dice così?), ci siamo avviate a piedi verso la Cristoforo Colombo, costeggiando le mura aureliane. Senza più incidenti siamo arrivate alla metro Garbatella.

L'amarezza per come sono andate le cose è immensa. Infinita: dei terroristi che meritano la galera, perchè questo sono i black block, hanno messo in ombra le motivazioni giuste e sacrosante che hanno animato due km di persone a camminare per Roma.

Ma gli scontri ci hanno delegittimati.

La grande paura di essere presa a manganellate o di aver perso Nadia nei lacrimogeni, è nulla di fronte l'amarezza di sapere che ora non siamo più credibili. E non agli occhi dei 'potenti', ma a quelli delle persone normali.

martedì 11 ottobre 2011

Marzieh Vafamer libera

Venerdì scorso è stato annunciato che tre donne hanno ricevuto il Nobel per la pace. Tra loro, almeno ai miei occhi, spicca il nome di Tawakkul Karman, giovane donna yemenita.

Ormai è notorio: sono molto attenta a quello che accade nel mondo islamico, perchè sono convinta che l'Islam non non sia la religione del male e che, nelle pieghe totalitarie di alcune applicazioni delle loro sacre scritture, si nascondano belle cose.

Ma appunto, si nascondono. Così, dopo il fondamentalismo (che bada bene, è sbagliato sempre), ciò che maggiormente colpisce il libero pensiero occidentale (che pure, bada bene, ha problemi seri) è la condizione della donna.

Per questo venerdì scorso ho pensato che il Nobel a Tawakkul Karman fosse una gran bella cosa.

Poi ieri leggo il giornale e mi trovo una pessima notizia. Questa è la storia: sabato scorso (il giorno dopo la notizia del Nobel a Tawakkul Karman), Marzie Vafamer viene condannata ad un anno di prigione e a ben 90 frustate. Che avrà mai fatto di così tremendo?

Ha recitato in un film, che si chiama My Teheran for Sale, e racconta la storia di un'attrice a cui le autorità vietano di lavorare; lei continuerà a farlo, vivendo in clandestinità, sino all'incontro con un iraniano che ha preso cittadinanza australiana che se la porta in Australia (che ha collaborato alla produzione).

Inoltre pare che in questo film Marzieh Vafamer abbia recitato senza veli. Già qui si potrebbe aprire una dissertazione filologica sull'espressione occidentale e islamica di senza veli, ma te la evito, andando subito al dunque: senza veli islamici: niente burqa, chador o hijab (sebbene nella locandina del film lei indossi un foulard).

La situazione è chiara: il film è profetico e documentario: in Iran non c'è libertà di espressione. Lo sapevamo già, ma probabilmente, persi dai nostri guai così occidentali, dopo la vita salvata di Sakineh, ce ne siamo scordati.

Ma ora, il nobel a Tawakkul Karman e la storia di Marzieh Vafamer ci dicono che non possiamo abbassare lo sguardo, soprattutto noi donne.

Certo, Marzieh Vafamer non rischia la vita, ma un anno di galera iraniana e 90 frustate, non sono una passeggiata... soprattutto se inflitti per aver recitato in un film.

Così, nel timore che questa cosa finisca nel dimenticatoio, ho fatto quello che ho potuto, ovvero ho creato su fb questo gruppo: Marzieh Vafamer libera (le mie amiche su fb non me ne vogliano: le ho aggiunte in automatico, certa che mi avrebbero appoggiato...).








venerdì 7 ottobre 2011

La Teoria del Tempo Perso, by Bergonzoni

Sapendo che questa mattina, con il mio augusto genitore, avrei avuto una certa attesa, mi sono procurata La Repubblica, con annesso il suo supplemento: Il Venerdì.

Così, mentre mio padre bofonchiava sui titoli di un giornale di sinistra, scoprendo che il suo essere di destra ora pare vano, io mi deliziavo con il settimanale, finendo nella rubrica di Alessandro Bergonzoni, già da me molto stimato ai tempi della mia Smemoranda...

Scrive Bergonzoni:
"Siccome oggi è la Giornata dei Risvegli, le voglio parlare di come chi è in coma non stia perdendo tempo: teoria del TP, Tempo Perso. Prendo tempo e intanto coordino il pensare. Capto dei perchè che subito non vedrei. Analizzo l'intanto, uso spazio cronologico, ma lo trasformo in metafisico, attraverso lo stupore di chi non capisce un nuovo atteggiamento e lo teme".

Non sono in coma, ma questa teoria del Tempo Perso mi ha illuminato: così finalmente, a chi mi dirà che la mia lentezza è tempo perso, avrò qualcosa di concreto con cui rispondere, difendendo, spiegando ed elevando il mio metafisico.

Un metafisico che consiglio caldamente a tutti, almeno un paio d'ore a settimana, tipo chessò, la domenica... ma ora che penso, avendo preso il mio tempo...

Prendere tempo per coordinare il pensare: somiglia tanto al concetto educativo del pensare fino a dieci prima di parlare, di agire...

Della serie: un po di lentezza non guasta, così da non perdersi il gusto delle piccole cose che rendono veramente bella la giornata.

mercoledì 5 ottobre 2011

Mi rettifico, ovvero taccio, anzi no

Ecco, ci risiamo: un altro tentativo di zittirci tutti.
Per rimediare ai pasticciacci brutti delle intercettazioni, croce e delizia dei magistrati, al governo pensano bene di far tacere tutti...

Serena Assurda Prinza e Metilparaben, sempre in prima linea su argomenti di attualità, ne stanno discutendo sulle loro pagine già da qualche giorno, discussione in cui sono entrata, come dice Serena, provocatoriamente...

Ma principiamo dalle origini della questione: sto parlando dell'articolo 1 del DDL intercettazioni e del suo comma 29, quello che consentirebbe a un chicchesia che si senta leso nella sua immagine personale, di chiedere l'immediata rettifica di quanto scritto. L'esempio di Metilparaben è perfetto.

Ma sta volta non solo il mondo dei blog si è rivoltato: anche Wikipedia si oppone, andando in sciopero con una lettera aperta in cui spiega molto chiaramente un'altra conseguenza della nuova norma: "Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi"."

Sempre nella lettera aperta, Wikipedia ricorda "che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione"; ma probabilmente il punto è proprio questo: trovare un modo per bypassare i giudici, la magistratura.
E già che ci siamo far passare la fantasia ai blogger di scrivere.

"Per Wikipedia [è] una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza", si legge ancora nella lettera aperta, e non fa una piega: l'idea è collettiva.

Intanto è di ieri questo articolo di repubblica.it, in cui si dice come tale Cassinelli, deputato del Pdl, abbia depositato un emendamento che inserisca nel comma 29 l'esplicita esclusione dei blog.
Ma se anche passasse, rimarrebbe aperta la questione Wikipedia e giornali...

Mi verrebbe da continuare a provocare, ma poi, come dice Serena, si rischia che qualcuno mi prenda in parola, scoperchiando il vaso di Pandora... così mi adeguo al temuto regime delle rettifiche e mi rettifico tacendo... anzi no: così mi chiedo...

.... Ma questo vaso non è già abbastanza aperto?

lunedì 3 ottobre 2011

Un pomeriggio a Villa Pamphili

"Io vado a correre a villa Pamphili, se ti va, tempo che arrivi io ho finito e ci facciamo una passeggiata": così mi dice Alessandra ieri pomeriggio, in risposta al mio chiederle come avrebbe passato quella splendida domenica pomeriggio.

Sulle prime ho esitato: ho visualizzato la lontananza da casa mia, il mio cercare un posticino per la mia magnifica new twingo... di solito quando non ho semi certezza di parcheggio facile non mi muovo in macchina, a costo anche rinunciare totalmente... perchè? beh perchè io nel traffico, o mentre cerco un parcheggio, mi innervosisco a tal punto da subire trasformazioni da far pensare all'esorcismo. E sogno una città di provincia, con i suoi ritmi sereni, meglio se nel mio profondo sud... ma questo è un altro post...

Insomma Alessandra, ben conoscendomi, era pronta ad un no in risposta. Invece stupendo anche me stessa ho chiesto dove vederci: "Al bar".

Mi metto in macchina e raggiungo la villa dopo una mezz'ora abbondante: il paccheggio? tutto sommato sono stata fortunata, ho trovato posto a solo un quarto d'ora a piedi dal bar, di cui ignoravo l'ubicazione.

Arrivo e rimango letteralmente abbagliata: famigliole a fare picnic, passeggini a passeggio e cagnolini scodinzolanti, mentre ovunque gente correva. E verde, tanto verde sopra la città, inondato dalla luce calda del pomeriggio romano, mentre la lanterna della cupola di San Pietro faceva copolino tra i pini: Alessandra arriva e rimane stupita dalla mia meraviglia: "ma non ci sei mai stata??!!"

No, ovvero, una mezza volta sola, millenni fa e i ricordi sono sbiaditi... quando dico che a Roma sono straniera in patria intendo anche questo: alcune istituzioni come villa Pamphili non le ho mai frequentate abitualmente, come invece i romani fanno realmente...

Comincia così la nostra passeggiata di un paio d'ore, in cui scopro, divertita e sempre meravigliata, che c'è un punto jogging dove potersi anche fare la doccia, il famoso barretto con un aperitivo notevole, un laghetto che sembra fuori dal mondo cittadino, un chiesetta dai richiami greci e la villa patronale che troneggia...

Insomma un pomeriggio sereno, all'insegna delle chiacchere nel verde: bello.
Talmente tanto che quasi non mi sono accorta che per tornare a casa ci ho impiegato poco più di un'ora, ovvero lo stesso tempo che s'impiega per fare il coast to coast in Puglia, da Ostuni a Maruggio....

venerdì 30 settembre 2011

Festa dei Blog in Streaming

Domani a Riva del Garda ci sarà la Blogfest: mi sarebbe piaciuto partecipare, ma non mi è possibile... l'intenzione è quella di essere presente in spirito alternato... nel senso che mi tocca lavorare, sicchè se potrò guarderò in Streaming.

Se sei curioso puoi vederlo qui:





mi scuso, ma le mie conoscenze html non sono tali da ridurre questo strabordamento...

domenica 18 settembre 2011

Apriti Sesamo, ovvero io e le chiavi d'hotel

Croce e delizia di ogni viaggio: le chiavi d'albergo. E ovviamente mi riferisco alle tesserine magnetiche, che secondo l'ideatore dovrebbero essere comode, pratiche e sicure.

Sul sicuro magari ci siamo, ma sul comode e pratiche... e dunque è ormai una certezza, quasi in ogni viaggio ho un problema con la chiave magnetica. E ormai sono svariati anni che mi muovo per lavoro...

Quasi mai che riesca ad entrare subito, al primo passaggio di chiave: alcuni lettori vogliono un inserimento veloce, altri lento oppure ancora una via di mezzo... ma spesso e volentieri non si aprono proprio, o perchè la tessera è smagnetizzata all'origine, o perchè io sono imbranata...

Così immaginami all'Havana, stanca, appicicaticcia dall'umidità, con borse, zainetti e trolley che al 15° piano tento di aprire la mia camera: niente: ripetutamente inserivo la tesserina nella fessura, ma la spia rossa inesorabile si accendeva. Unica soluzione, tornare al piano terra....

Meglio mi andò ad Istanbul, che l'albergo aveva solo due piani... ma l'apoteosi fu nel penultimo viaggio al Cairo, in febbraio, dove il dispositivo di accesso era simile al pos per le carte di credito: bisognava "strisciare" la tesserina: in due o tre notti che passammo lì, io mai riuscita ad aprire da sola la porta della mia camera, e pure chi riusciva per me, doveva tentare almeno tre-quattro volte prima che la liberatoria spia verde s'accendesse... pensa che la mattina, per timore di non incontrare qualche anima pia, per colazione rimanevo in camera, sfruttando il bollitore per il thè e mangiando la frutta a disposizione......

Ma nell'ultimo viaggio in ordine di tempo, ovvero quello ad Assisi da cui son tornata ieri sera, ho seriamente dubitato di me stessa: il meccanismo di apertura era diverso: niente fessure, dovevo solo mettere la tesserina di fronte al lettore, e aprire. Così ho fatto, la spia verde si era accesa, lo scatto della porta sentito, ma lei rimaneva chiusa.

Per l'ennesima volta mi sono sentita come nella favoletta di Ali Babà e i Quaranta Ladroni, in cui solo la formula dell'Apriti Sesamo consentiva l'accesso al tesoro... solo dopo svariati tentativi ho capito che se volevo entrare nella "mia" grotta del tesoro, dovevo spingere la porta mentre la tesserina era ancora di fronte al lettore...

Chissà se un giorno scoprirò che ogni volta sono finita in una candid camera? io stessa, una volta riuscita ed entrare, rido da sola per la mia goffaggine...

domenica 11 settembre 2011

Una firma per cambiare la legge elettorale

Oggi è l'11 settembre, ed è il decennale del crollo delle torri gemelle. Credo che già sia stato detto tutto su questo anniversario, così mi limito solo al ricordo delle vittime e parlo di altro. Ovvero della raccolta firme per il referendum popolare in cui si chiede l'abrogazione dell'attuale legge elettorale.

Sono mesi ormai che dibatto dal vivo e su fb sulla necessità di fare qualcosa per la nostra bell'Italia. Qualcosa di concreto, oltre la buona volontà espressa a chiacchere.

Ora abbiamo la possibilità di farlo, andando a firmare in comune, o nei banchetti dedicati, per chiedere l'abrogazione di una legge che ci ha privato della possibilità di decidere chi deve o non deve rappresentarci in Parlamento.

E per favore non cadiamo nel qualunquismo che tanto sono tutti uguali: non dico che non sia vero, dico che da una parte bisogna pur cominciare il cambiamento voluto da tutti, e la legge elettorale è il primo passo. Riconquistati i nostri diritti sarà poi nostro dovere andare a cercare qualcuno di nuovo, con un reale impegno politico, quale che sia lo schieramento politico d'interesse.

Il tempo volge al termine: entro il 30 settembre bisogna raccogliere 500.000 firme.

Questo è il sito per saperne di più: http://comitato.referendumelettorale.org



giovedì 8 settembre 2011

La teoria dell'idraulico fasullo

Ieri sera, Nadia -la mia ex compagna di cuffie al call center-, mentre vedevamo il tg di Mentana, mi ha chiesto di spiegarle il pasticcio della crisi economica, ovvero le relazioni tra la crisi dei singoli Stati e l'EU, ma soprattutto come la manovra economica sarebbe intervenuta, così com'è stata fiduciata (cosa ovviamente diversa dal votarla...).

Fu così che ho sfoderato la teoria dell'idraulico fasullo. Ma andiamo con ordine.

Dunque Nadia è la classica persona tipo: lavora tutto il giorno, rientra a casa, cucina, guarda il tg distrattamente e scoraggiata finisce che lo segue poco. Insomma come uno spettatore televisivo che ne avrebbe voglia, ma non riesce a prendere il ritmo delle soap: trame complicatissime che se non hai chi te le spiega ti ci perdi...

In effetti in piena era (al declino?) della tv come modello di vita, sembra proprio di essere in una soap. Dell'horror politico, però.

Ma tant'è mi son lanciata nel riassunto delle puntate precedenti: ovvero dall'EU che ha fatto la moneta, ma non gli europei, la logica dei mercati, per arrivare alla tragicomica rassegna teatrale delle manovre economiche di agosto, che in perfetto stile soap, andavano avanti a colpi di scena e affermazioni drammaturgiche dei protagonisti....

Arrivata al punto della situazione contingente, Nadia sfodera la domandona: ma oggi che hanno deciso di fare?

L'idraulico fasullo, le rispondo mentre lei mi guarda perplessa. Le spiego: è come se in un bagno tu avessi delle perdite tali da creare non solo infiltrazioni al piano di sotto, ma anche aumentare follemente la spesa dell'acqua. Così a una certa chiami l'idraulico, che ti smantella tutto il bagno e trovati i danni, invece di sostituire tutte le vecchie tubature metalliche, inserendo quelle in plastica (praticamente eterne), si mette a fare saldature ai vecchi tubi di metallo....
Chissà, magari mi sbaglio, ma definirei evidente il fatto che siano stati approvati interventi che mettono le toppe, senza impedire che si aprano altri buchi e soprattutto senza investimenti sul futuro.

Ma così non si risolve niente, mi esclama lei.

Già, così non si risolve niente.


lunedì 5 settembre 2011

Per la cronaca: fermato il vandalo delle fontane romane

«Volevo attirare l’attenzione a causa di problemi personali che ho avuto per vicende con la magistratura. Ma sono rimasto sorpreso quando nessuno dei passanti mi ha fermato»: così ha detto ai carabinieri che lo hanno arrestato il tizio che ha danneggiato la Fontana del Moro e poi ha lanciato un sanpietrino contro quella di Trevi.


sabato 3 settembre 2011

L'eredita non compresa dell'arte a Roma

Atto demenziale: così il Sindaco di Roma Alemanno commenta il danno alla Fontana del Moro di piazza Navona, scoperto questa mattina.

Il dizionario della lingua italiana mi dice che il termine demenziale viene spesso utilizzato nel definire la comicità stupida: evidente come il commento del sindaco appaia poco incisivo.

Intanto un paio d'ore fa le agenzie battono un'altra notizia: è stato lanciato un sanpietrino contro Fontana di Trevi, che però non è andata a segno.

Così, alla fine di un'estate infuocata e fuori fuoco, tocca vedere anche questo. E sentire (di nuovo) commenti sulla mancanza di controlli.

E poco importa che il problema non sia l'assenza di controlli, ma l'assenza di cultura e rispetto per ciò che grandi artisti ci hanno lasciato in eredità... un'eredità così preziosa che è capace di smuovere turisti provenienti dall'altra parte del mondo per vederla, perchè è un'eredità che rende Roma unica... eppure sembra proprio che gli unici a non vederla, a non comprenderla questa meravigliosa unica eredità, siano proprio i romani e gli italiani in genere (tranne quei pochi "disadattati" che amano l'arte).

Veramente poco importa sul serio. Che abbia ragione Ilvo Diamanti, che dalle pagine di Repubblica.it invita polemicamente a non studiare, perchè tanto è inutile?

Sarà che ho la luna storta oggi, però mi trovo a concordare pienamente con il premier Berlusconi, quando esprime la sua colorita opinione sull'Italia... solo che lui dice che tra un po se ne va, io, per svariati motivi ci rimango.....



giovedì 1 settembre 2011

Pedaggio sul GRA

Ad appendice di questo agosto infuocato e fuori fuoco in tutti i sensi, arriva l'ennesima dichiarazione del viceministro alle Infrastrutture e trasporti, Roberto Castelli sui pedaggi del GRA.

Il sig. Castelli, maestro di simpatia e di solidarietà con il resto del mondo sopra il Po, torna ad insistere sul pagamento del pedaggio sul Gra, perchè dice, i cittadini torinesi e milanesi, oltre che napoletani, lo pagano.

Uhm... detta così non fa una piega, ma il punto è che nessuno dovrebbe pagare il pedaggio-viste le condizioni di transito sui raccordi-.

Come sempre e per l'ennesima volta la classe politica da prova di essere totalmente scollata dalla realtà quotidiana degli italiani.

Quando le scuole saranno riaperte, e il delirio cittadino sarà di nuovo consuetudine, invito il sig. viceministro alle Infrastrutture e trasporti Castelli a fare un piccolo esperimento empirico: si metta in automobile -ma senza autista e con auto a cambio manuale-, per imboccare il GRA alle 9 del mattino, magari dall'Eur verso Anagnina, ma pure viceversa va bene....

Che provi il viceministro Castelli realmente, cos'è il raccordo romano. Poi faccia la stessa a Napoli, a Torino e Milano: dopo ci dica, se onestamente, sia giusto pagare un pedaggio per una strada che ti ruba ore di vita per fare pochi chilometri. O se lo sia pagarlo sulla Salerno-Reggio Calabria.
Perchè si paga quando c'è un servizio, quando non c'è si chiama in un altro modo, quindi che il viceministro alle Infrastrutture e trasporti Castelli faccia questa verifica, che è nei suoi poteri avendo però l'onestà intellettuale di dire la verità.

Ovviamente do per scontato che il concetto di onestà intellettuale sia chiaro e sempre applicato.......

lunedì 29 agosto 2011

Sul perchè non mi piace il Macchianera Awards

La mia amica di penna e di divano milanese, Serena, con il suo blog sta partecipando al Macchianera Awards. Ovviamente le faccio i miei in bocca al lupo -sperando che crepi il cacciatore-, ma non la voterò, come non intendo votare nessuno.
Intenzione che Serena ha letto su fb, in risposta ad un suo post "promo".

Però mi sono accorta di avere voglia di spiegare meglio questa mia presa di posizione, magari anche impopolare. E per farlo mi tocca cominciare facendo un salto nel passato.

Quando avevo vent'anni praticamente tutti i miei amici maschi suonavano in qualche complessino rock o metal. Sai, quei gruppi che suonano negli scantinati, che fanno la colletta tra di loro per affittare un'oretta una sala prove pseudo professionale e poi vanno a suonare nei centri sociali e magari in qualche locale serio? ecco, loro.

Ai tempi cominciarono a girare i primi contest ovvero concorsi musicali, dove si vinceva ad applausi. Nessuna giuria, nessun voto, solo la quantità di applausi, ovvero ovazione elettorale del pubblico. Detta così sembra una figata, ma in realtà no: capitava che passavano il turno o vincevano quei gruppi che semplicemente avevano portato più gente, più amici. Cosa ovviamente diversa dall'essere semplicemente il migliore. E lo scopo commerciale di questi concorsi mi sembra abbastanza evidente.

Torniamo a noi, ai nostri tempi, e al Macchianera Awards.
Il meccanismo mi sembra troppo simile per suscitare le mie simpatie, inoltre m'interrogo anche su un altro aspetto: abbiamo veramente bisogno di un concorso che premi i blog migliori? C'è veramente bisogno che qualcuno proclami metilparaben blog dell'anno? non è già abbastanza evidente? oppure, c'è veramente bisogno di un concorso per il libero scambio di link per farsi conoscere?

Amo il mondo dei blog per la sua libertà anarcoide -che certo proprio per questo ha bisogno di alcuni strumentini tipo Creative Commons-, e la sua capacità di essere laboratorio per una realtà 'ananlogica' più a misura d'uomo.

Da qui la mia domanda sulla necessità di premiare con un concorso i migliori blog....

Ok, ora stai pensando che la prendo troppo sul serio, perchè infondo è un gioco. Ma forse il punto è che non credo sia un gioco: vari guru del marketing on line stanno ancora cercando di capire come arricchirsi con il web e soprattutto con il web 2.0. E i blog fanno gola. Ora, ognuno è liberissimo di usare i propri spazi ai fini che preferisce, ma che sia una scelta voluta e consapevole.

Immagino che nel Macchianera Awards ci sarà tutta la trasparenza del mondo (che ovviamente mancava nei contest musicali), eppure questo concorso m'intimorisce un po...

Mi sembra di vedere in lontananza, in un futuro fantascientifico come lo racconta il blog notiziedalfuturo, una realtà in cui esiste la casta dei blogger, formatasi per acclamazione popolare, che piano piano ha soppiantato la casta dei giornalisti.

Invece a me piacerebbe che continuassimo ad essere tutti sullo stesso livello, con la meritocrazia dei contatti, dei link, dei commenti come unico giudice del nostro impegno.

Ciò nonostante, per Serena è evidentemente importante, così spero che con le sue 'assurde parole', abbia tutto il successo che la sua ironia merita.

mercoledì 10 agosto 2011

io e l'iter d'invalidità

Mia madre è invalida, e lo è al 100%.
Quindi le spetta di diritto l'invalidità, con tutti gli annessi e connessi.

Bene, ora ti racconto una storia, che è la sua, ma anche di tantissimi altri onesti cittadini, che combattono contro l'iter per la domanda da fare, per accedere ad un diritto.

Quando, circa 7 anni fa, mia madre si decise a chiedere l'invalidità, quel grande uomo di mio padre che l'accudisce in tutto, sbrigò tutta la burocrazia senza troppi impicci, tanto che sull'iter io ne sapevo praticamente nulla.

Ogni due, o tre anni, a seconda di quanto la commissione riteneva, si andava a visita per la conferma del referto medico.

Già qui vien da ridere amaro: come fa un'invalida al 100% a migliorare? chissà, forse i medici, nelle varie opzioni, considerano anche l'intervento divino... per carità, mai escluso da nessuno a priori... però...

Comunque, tant'è che di volta in volta tutto procedeva. Poi, l'anno scorso cambiano le carte in tavola, l'Inps stravolge l'iter di domanda. E siccome piove sempre sul bagnato, i tempi di rinnovo per l'invalidità vanno a coincidere con una malattia di mio padre. Poco male: me ne occupo io: era maggio del 2010.

Ben presto capisco che le informazioni in nostro possesso sono nulle, allora chiamo il medico di famiglia, che mi dice allegro allegro che è semplicissimo, basta che lui faccia un certificatino, con cui andare ad un Caf qualsiasi dove avrebbero inoltrato domanda direttamente all'Inps.

Bene, facciamo così. Con il certificato in mano vado ad un Caf qualsiasi, e dopo tre ore di fila mi sento dire che, a) loro non possono fare la richiesta perchè mia madre è residente in un'altro quartiere, b) che il certificato è nullo perchè il medico di famiglia non è un medico certificatore. In risposta all'idiozia che mi si dipinge sul viso la ragazza del Caf mi consiglia di chiamare l'Inps.

Grazie rispondo, e sempre più stordita dall'inconprensione, vado a casa a cercare on line il numero dell'Inps. Considera che in tutto ciò era già passato un mesetto: io lavoro anche, al tempo c'era pure il call center e la malattia di mio padre (che c'è ancora, ma è silente) e il dottore di famiglia non c'è sempre.

Chiamo e una operatrice tanto gentile mi spiega quello che dovevo fare, prendendomi virtualmente per mano. Prendi nota: mai sia dovesse servirti.

Bisogna andare sul sito dell'Inps, e sotto la voce richiesta invalidità, cercare l'elenco dei medici certificatori, ovvero, medici di base che si sono registrati presso il sito e quindi abilitati a seguire queste pratiche, anche di pazienti non iscritti alle loro liste. L'elenco on line è completo d'indirizzo e numero di telefono. Ne scelgo uno a due passi fisici da casa dei miei.

Si chiama il dottore e si prende un appuntamento, si porta malato e cartella clinica, e dopo il consulto il dottore si studia le carte, ti richiama, e ti dice che serve un altro certificato, quello con cui lo specialista privato dichiara la patologia (ma come c'è già un chilo di carta a stabilirlo) e la profilassi che mia madre fa a casa.

Prendo così un altro appuntamento, con l'altro dottore, che non ti fa mica certificati così, no fa anche la visita: 100 euro per unfoglietto di carta che certifica l'ovvio e già certificato. E sia.

Ma intanto sono sull'orlo dell'isteria: è passato un altro mese, perchè io sempre lavoro, al tempo c'era pure il call center e la malattia di mio padre (che c'è ancora, ma ora è silente). E nel frattempo i termini per il rinnovo sono scaduti: sospesa l'erogazione dell'assegno d'invalidità.

A questo punto non c'è più fretta, ma bisogna chiudere comunque l'iter. Richiamo il certificatore, riprendiamo appuntamento, consegno l'ennesimo certificato, e attendo il suo. Dopo una settimana mi richiama, vado, gli lascio (mi pare) circa 80 euro di tassa, e mi faccio spiegare dove trovare un Caf in zona, a cui consegnare il numero di pratica datomi dal certificatore e tutta la cartella medica.

Dopo aver girato mezzo quartiere, lo trovo, chiuso e con il numero telefonico, a cui chiedere info, mezzo cancellato. Tocca tornarci.

Lo faccio dopo qualche giorno, e la ragazza molto gentile mi spiega: lei avrebbe inserito il numero di pratica datomi dal certificatore nel portale dell'Inps e dopo qualche giorno mi avrebbe comunicato lei le specifiche per gli appuntamenti con le commissioni mediche.

Nota bene: gli appuntamenti, con le commissioni, perchè il certificatore ha chiesto che a mia madre, oltre al rinnovo dell'indennità del 100%, sia riconosciuto anche il diritto al tagliandino per l'auto. Nella stessa visita non si può fare. Non ho voluto sapere perchè.

Passa una settimana e la ragazza mi chiama e mi dice di andare a prendermi tutto il mio plico: ho date orari e indirizzi delle commissioni. Quasi mi commuovo.

Vado e gli appuntamenti sono per ottobre: noi ormai siamo alla metà di luglio 2010. Ok, pazienza, l'importante è essere usciti dal gorgo.

Ad ottobre sarà poi mio padre a portare mia madre alle visite perchè io ero allegramente in Guatemala.

Arriviamo ad oggi, 10 agosto 2011: arriva raccomandata dall'Inps: nonostante il certificatore e tutti avessero messo nero su bianco l'irreversibilità dell'invalidità di mia madre, la commissione continua a sperare nell'intervento divino: tra due anni altra verifica. In compenso però possiamo richiedere il tagliando auto.

Tutto ciò, però, a patto e condizione che porti il mulo Ap70, in allegato alla lettera, di nuovo al Caf, per compilarlo e spedirlo all'Inps: me lo ha spiegato un'altra operatrice tanto gentile dell'Inps a cui ho chiamato per chiedere spiegazioni sui quei moduli da riempire; spiegazioni non chiarite nella lettera.

Inutile dire che quel Caf risolutivo nel frattempo ha chiuso e devo cercarne un altro. E tra due anni chissà, con l'aria che tira, cosa dovremo fare ancora.....

Ecco, questa è l'umiliante storia di mia madre, invalida al 100%, sballottata da una parte all'altra, che ogni tanto mi chiede perchè deve fare ancora visite, se ha già un chilo di carta a dichiarare le sue reali condizioni.

Difficile e penoso è spiegarle che questo meccanismo esiste in virtù delle infinite truffe dei falsi invalidi: per contrastarle si preferisce trattare tutti da potenziali delinquenti, si preferisce sfinire i familiari, che quasi sono tentati di rinunciare ad un diritto.

Ma tu non rinunci, vero? mi chiede mi madre.

No, mamma, non rinuncio.