domenica 24 ottobre 2010

Destino Guatemala

La voce del comandante d’aereo diceva che era prossimo il nostro destino Guatemala.

Potere dei viaggi stampa che realizzano l’inaspettato, così ho scoperto come la lingua spagnola sia molto più evocatrice della nostra: destino, come final destination, che però coincide con il nostro concetto di evento fatale ed ineluttabile, quello che se non ti cambia la vita, quanto meno la segna. Anche riunendo in un pulmino l’impossibile: il nostro gruppo stampa rappresentava un po tutto il mondo: dagli Appennini alle Ande, passando per l’Asia ed il Nord America.

Destino Guatemala: tre giorni in giro all’ombra dei vulcani del Lago di Atitlan, Chichicastenango e Tecpàn, alla scoperta della cultura Maya viva, e tre giorni ad Antigua Guatemala, tra foto e cortili. Colori, sorrisi ed incenso sui sagrati delle chiese, a ravvivare giornate troppo spesso fredde e piovose, ma che sapevano rivelare un sole ed un calore quasi cocente. Non chiedermi di Tikal, perchè il mio giro non lo prevedeva: ho visto altri siti, meno imponenti, meno emozionanti, forse, ma resi comunque vivi dall’intenso piacere di essere lì: Mixco Vejo, più simile ad un sito azteco, con i suoi edifici in cima una collina, o Iximchè, dolce giardino con ruderi coperti di vegetazione... Ma soprattutto non chiedermi in che lingua ho parlato, perchè allora Roberto –unico italiano del gruppo insieme me-, riderà di gusto. Utilissimo il suo aiuto e sostegno linguistico, sebbene ad un certo punto mi sia lanciata in un’improbabile filologia, che dell’italico idioma aveva solo i riflessi. Soprattutto grazie a Marc, dal Quebec, innamorato dell’Italia: “Che bello, posso parlare un poco d’italiano!”, così lui ha accolto la notizia della mia nazionalità; il suo spagnolo ed inglese hanno fatto il resto, aiutandomi nella comprensione degli altri; tutti comunque molto carini nell’accettare –e sopportare- i miei limiti linguistici (a cui –prometto- porrò presto rimedio). Indimenticabile la dolce pazienza di Catty, la nostra guida guatemalteca, che capivo come fosse italiana, mentre lei sempre riusciva a dare un senso al mio italo-anglo-iberico pasticcio verbale... che con la sua piastra per capelli mi ha permesso di asciugarli (sì, perchè io furba, pur sapendo che andavo in circuiti non turistici, non ho portato l’ “asciugatora”), mentre il grande Nacho brontolava “Me soy periodista, tengo que contar historias, no vender hotel”, e lei in una notte a confezionare per noi un nuovo itinerario...

Destino Guatemala, a spasso per mercati di paesi che forse non sono neanche sulla cartina... Visto un mercato si son visto tutti... ma i colori, i sorrisi, il chiacchericcio musicale di fondo... no, son diversi da paese a paese, anche perchè lì, in Guatemala, ogni etnia ha una sua lingua, un suo abbigliamento tipico. Diversi ed uguali, come le persone, di cui incarnano bisogni e desideri, i mercati sono regno delle donne, che serene stanno dietro i loro banchi di frutta e stoffe a guardarti, alcune perplesse, altre curiose ed allegre, che si offrono all’obiettivo con universale civetteria. Poi girandoti ti accorgi di come i bambini siano bambini in tutte le parti del mondo: a giocare nell’acqua delle pozzanghere, finché una mamma arrabbiata non accorra ad un tardivo riparo. Bambini con il musetto sporco della frutta più deliziosa che abbia mai assaggiato, che non sanno se venire a giocare con te, o scappare via.


Destino Guatemala, con l’ordine coloniale di Antigua, disturbato dalle chiese barocche diroccate, memori di un immemore terremoto, lì quasi a ricordarti che l’ordine perfetto non esiste, che dietro ogni angolo c’è qualcosa che può stupirti, emozionarti, anche se con quell'insieme non c’entra nulla. Ad osservare i sorrisi di un’italiana che trova un caffé Illy, grazie ad un canadese del Quebec.

La voce del comandante d'aereo l’aveva detto: destino Guatemala.

lunedì 11 ottobre 2010

Per Forza Per Pace

Altri morti italiani in Afghanistan, e invece di ragionare sul senso reale del nostro intervento di pace, si ragiona se mettere o no delle bombe sui nostri aerei. La Nato dice che non è un contro senso*. La pace la si fa per forza, con la forza. Forse. Ma quel Paese ha bisogno di aiuto per stabilire la democrazia e la giustizia, sicchè tutto è lecito, pure le bombe. Se lo dice la Nato...

Intanto accade che la moglie del premio Nobel 2010 per la pace, il cinese Liu Xiaobo -già in carcere come dissidente- è di fatto agli arresti dmiciliari dopo l'onorificenza assegnata al marito.** Mentre in Iran pare siano scomparsi l'avvocato ed il figlio di Sakineh (il figlio aveva chiesto asilo politico nel nostro paese).***

A questo punto mi chiedo: la Nato legittimerà anche bombardamenti in Cina ed Iran??


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http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/11/dirette/afghanistan_rientrano_le_salme_degli_alpini-7934840/?ref=HREA-1
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http://www.italia-news.it/esteri-c4/cina--nobel-pace--moglie-di-liu-xiaobo-agli-arresti-domiciliari-48030.html
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http://notizie.virgilio.it/notizie/esteri/2010/10_ottobre/11/scomparsi_in_iran_il_figlio_e_l_avvocato_di_sakineh,26469148.html

martedì 5 ottobre 2010

Nobel e buon senso

Robert Edwards, il dottore che ha "inventato" la fecondazione in vitro, ieri ha avuto assegnato il premio Nobel per la medicina. Ed oggi tutti i giornali riportano i commenti contrari e contriti della Santa Sede.

Questa volta non mi sento di schierarmi completamente contro il Vaticano: in effetti la fecondazione assistita ha dato il via libera ad una serie di "pasticci" etici e morali. Ma... -e qui divergo dalla Chiesa Cattolica, sicchè ben venga il Nobel a Edwars -... ma non è la tecnica all'avanguardia ad essere scandalosa, peccaminosa o pasticciata, ma piuttosto il suo utilizzo -ovvero l'applicazione che ne fanno gli uomini, con le leggi che ne regolamentano l'uso-, che spesso permettono maternità discutibili.

Vero è che il mio personalissimo pensiero ritiene che sottoporsi alla fecondazione assistita sia eticamente superfluo: quanti bambini negli istituti aspettano una famiglia? Probabilmente mi obietterai fortemente che l'adozione è un percorso lungo, costoso ed emotivamente impegnativo, che spesso va praticato all'estero (almeno per le restrizioni della legge italiana). Ma anche la fecondazione assistita è un percorso lungo, costoso ed emotivamente impegnativo, che spesso va praticato all'estero (almeno per le restrizioni della legge italiana).

Con questo non voglio dire che bisogna abolire questa pratica, no: dico solo che ci vorrebbe un pizzico di buon senso quando si mette mano in pratiche che hanno a che fare con la generazione di un essere umano. E che lo stesso buon senso andrebbe applicato alle adozioni. Infondo avere nella propria vita un bambino - in termini ultimissimi di quotidianità-, è identico, che sia adottato, generato dalla propria carne, o in vitro.