giovedì 28 novembre 2013

Scalando la Grande Muraglia

Ero infreddolita e in dormiveglia, sul nostro pulmino che da Pechino ci portava alla Grande Muraglia: non pensavo che l'avremmo vista già dall'autostrada.... ma eccola lì, la Sovrana d'Oriente, superba ed imponente, che dava piccoli accenni della sua grandezza.

Un bel venticello freddo freddo aveva pulito il cielo, sicché la Grande Muraglia non si perdeva dopo pochi metri nella nebbiolina montana, lasciando una bella visibilità. Arrampicata sui monti, morbida e sinuosa proprio come un drago cinese, dall'ingresso del 'punto zero', non sembrava così impervia: con il naso gelato all'insù, ipotizzavo dove sarei potuta arrivare. Ipotizzavo.

Infatti già dai primi scalini stavo cominciando a capire che forse la salita era in realtà una scalata, ovvero un'impresa, per me che l'unico sport che pratico è il sollevamento della spesa, alternato alla battitura della tastiera...Eppure, mentre sentivo le gambe rimproverarmi acidamente per lo sforzo che stavo imponendo loro, riuscivo a guardarmi intorno e pensare: 'Cavolo sono a spasso sulla Grande Muraglia!'

Con i miei compagni di scalata abbiamo presto preso ritmi diversi, trovandoci nei rari piani dov'era possibile riposare. Proprio su uno di questi ho fatto quello che non dovevo fare: bere una bella sorsata d'acqua a temperatura ambiente, cioè gelida, mentre ero felicemente accaldata sotto strati di felpe e piumino. Così dissetata mi sono avventurata su un tratto quasi in verticale, non di scalini, ma di ripida salita.

Aiutata dal passamano ad altezza cinese (...), più di una volta ho pensato che conveniva salire tipo Spiderman, come alcuni cinesi giocando si facevano fotografare, che però, con le loro spiritose pose plastiche, occupavano spazio, spezzando il ritmo di noi scalatori a seguire...

Dal basso vedevo Laura e Giuseppe che mi aspettavano, lei soprattutto mi guardava preoccupata: pare sia arrivata da loro bianca come un cencio. In effetti avevo un certo desiderio di sporgermi dai merli e rimettere l'anima a Dio, sebbene non capissi perché: Giuseppe sentita della bevuta fredda mi ha illustrato la quasi congestione che mi sono quasi procurata....

Riposata e con nuovo colorito, si decide di tornare al 'punto zero', anche perché si stava facendo orario di rientro. E a quel punto vedo aprirsi sotto di me piccoli baratri di mattoni e solo con quella prospettiva mi sono veramente resa conto di quanto sia ripida la Grande Muraglia: impossibile non chiedersi come abbiano fatto i piccoli cinesi a salire e scendere con armatura e armi, magari correndo, magari con neve o ghiaccio a rendere tutto scivoloso...

Insomma, nonostante la mia incauta bevuta, e l'acido lattico che già sentivo nelle gambe (sconfitto con un po stretching nel corso della giornata, come suggeritomi dall'altra compagna, Marisa), la scalata della Grande Muraglia è stata un'esperienza intensa ed emozionante, mentre le montagne asiatiche chiudono un orizzonte merlettato dalla Sovrana d'Oriente.

giovedì 21 novembre 2013

Due Giorni a Pechino

A ridere, io e Laura a ridere forte, per strada nel cuore di Pechino, mentre Giuseppe, sconcertato, guardava andar via il terzo taxi che si era rifiutato di riportarci in hotel.
Eravamo all'uscita del hutong commerciale, sul lago Houhai di Pechino, dove i vicoletti caratteristici della città sono stati trasformati in negozietti turistici; eravamo liberi dalla guida, che alla fine si era rassegnata a lasciarci andare per la nostra curiosità, non di shopping, ma di vicoletti. 
Giuseppe era già stato a Pechino, e voleva rivedere gli hutong caratteristici, con le casette tipiche cinesi, le loro botteghe, tutto ammucchiato l'uno sull'altro, mentre io e Laura, la prima volta a Pechino, ne eravamo curiose... Siamo state accontentate in parte: in quell'area commerciale, anche i vicoletti che non lo sono stanno per esserlo, mentre dove per il momento i negozi turistici non arriveranno, la fredda sera di domenica ci accompagnava nell'hutong che ricordava i nostri borghi medievali, tra gatti sui tetti (ebbene sì, ci sono gatti a Pechino: non se li mangiano, non più...) e il suono dei nostri passi che ci accompagnava, rarissimi passanti cinesi, mentre tra una casetta e l'altra strettissimi vicoli che scomparivano nel buio: le botteghe assenti, forse a riposo settimanale o forse in quell'area soppresse completamente... forte la sensazione, quasi certezza, che i veri hutong siano ben altro.

Ma il tempo incalzava, e come Cenerentola, dovevamo tornare in hotel. Tranquilli ci fermiamo nella strada principale, fuori l'hutong, e vedendo molti taxi passare, eravamo sereni: bisognava individuare i taxi liberi. Dopo poco ho capito: un doppio ideogramma rosso al centro del cruscotto è il segnale, per farli fermare il gesto internazionale del braccio svolazzante. Ma... presentata la carta dell'hotel, scritta in cinese, ben tre taxisti ci hanno rifiutato perché non conoscevano la strada.Soli a Pechino, apparentemente impossibilitati a tornare in hotel: io e Laura ridevamo... alla fine abbiamo trovato un autista intraprendente, che ha chiamato in hotel per farsi dire la strada e ci ha portati in venti minuti. Spesa? due euro, forse.

Sicuramente questo è stato l'episodio per cui ricorderò Pechino, che devo dire, mi è piaciuta più di Shanghai.

Anche qui grattacieli enormi, ma più creativi di quelli di Shanghai, alternati a palazzine 'normali', in cui, m'è parso, ma forse sbaglio, gli spazi sono meno compressi: mi è sembrato ci fosse più 'aria', ma forse solo perché il tempo è stato particolarmente clemente: un venticello bello freddo ci ha accompagnato nei giorni pechinesi, liberando il cielo da nuvole e smog, mostrando una Pechino solare e graziosa.

Ma per quanto bello possa essere un cielo terso, la gigantesca piazza di Tien an men fa una certa impressione, soprattutto se c'è in sfilata l'esercito.... e poco importa che dopo attraversata sei dentro l'imponente Città Proibita: l'aspetto marziale è forte, i cinesi maleducati -quando sono in massa- in visita troppi, per goderti sul serio la bellezza dell'architettura cinese che si apre alla fine della piazza. Eppure, entrando nel vecchio Tempio degli Antenati, sono rimasta letteralmente a bocca aperta: un tripudio di maestria ebanista unita all'ingegneria architettonica hanno prodotto il soffitto ligneo più bello che abbia mai visto... 

A Pechino naturalmente c'è molto altro da vedere, altri templi e strade di grattacieli con le più note griffe di moda, c'è il Palazzo d'Estate per una gradevole passeggiata nel verde, ci sono i negozietti di falso nascosti in un parcheggio tre pieni sotto la strada, visitato di notte, in cui ti senti sicuro solo perché ti porta la guida... Una guida che sicuramente ci ha regalato ottimi pasti, portandoci in ristoranti di ottima qualità, ma non turistici.

E poi, poco lontano, c'è la Grande Muraglia. Ma questo è un altro post...