martedì 29 maggio 2012

L'Italia sbriciolata

Me lo ricordo bene il terremoto dell'Aquila che si sentì anche a Roma. Mi ricordo il rumore, la paura, la consapevolezza della forza distruttrice e i pensieri per chi non c'era più.

Ma ricordo anche molto bene alcune zone dell'appennino tosco emiliano, che una quindicina d'anni fa frequentavo piuttosto assiduamente. C'è -spero ancora- nei pressi di Pavullo, un magnifico ponte del 1522, il ponte di Olina, sul fiume Scoltenna ed incastrato tra gli appennini modenesi. Un ponte ad unica campata e torretta centrale, che rappresenta l'identità di quella zona, oltre che un pezzo d'ingegneria artistica notevole. Quel ponte era il mio posto preferito: lì sembravi immerso nel passato, e se fosse sbucato un carro non ti saresti stupito. Pare che nel gennaio del 2011 lo avessero chiuso per timori di crolli, dovuti a profonde crepe.

Ero a Viterbo mentre arriva la notizia delle nuove scosse, dei nuovi crolli e delle inevitabili perdite umane, e mentre mi ricordavo che non sono i terremoti a fare vittime, ma le case che crollano, non potevo non chiedermi se il ponte stia ancora lì... ma il paradosso è che ero a Viterbo per un convegno sul turismo, con tanto di dati statistici, che tra l'altro affermano come l'identità locale sia un forte attrattore turistico. Olina era il mio attrattore turistico.

Tante chiacchere al convegno, tante chiacchere per strategie di sviluppo economico che hanno nel turismo un efficace volano, tanto per usare le loro parole. Ma intanto l'Italia dell'identità culturale, dei tesori d'arte, insomma alcuni elementi di quegli attrattori, stanno crollando a pezzi.

Poi, a lavori finiti, qualcuno parla del terremoto in Emilia e dichiara che il crollo delle chiese e dei monumenti sia conseguenza inevitabile del tempo. Credo si commenti da sè.

Ma è che questo terremoto, con quella terribile immagine dei palazzi storici sbriciolati e delle industrie abbattute, sembra una terribile immagine allegorica dell'Italia sbriciolata, crollata sotto la spinta di forze telluriche, che i politici governanti guardano costernati, ripetendo frasi che offendono la memoria dei morti.

Forse se in Italia imparassimo a costruire antisismico, e a coccolare ciò che la storia ci ha regalato, magari non saremmo a pezzi.


domenica 20 maggio 2012

19 maggio 2012

Era una bella mattina di maggio, con Erika, la mia amica (che è interprete), ero andata da Feltrinelli International, dove avevo preso definitiva coscienza che io e l'Inglese siamo tecnicamente incompatibili, ma che l'Arabo, in proporzione, mi pare più semplice. Ero uscita dalla libreria quasi trionfante con un piccolo volume introduttivo alla lingua Araba, propedeutico per uno studio più serio... se mi conosci sai quanto queste piccole cose mi mettano allegria. Il centro di Roma era colorato e vivace di turisti, il cielo limpido e l'aria calda, noi con i nostri orgogliosi acquisti, si chiaccherava di lingue straniere, di segni fonetici...

Poi in auto è arrivata la notizia e già mi sentivo gli occhi bruciare: incredula, mi pareva un macabro scherzo. Nel resto del pomeriggio non ho avuto modo di approfondire, di seguire tutto con gli occhi sul pc le orecchie alla tv, ma comunque l'allegria della mattina era svanita. Poi, solo all'ora di cena, quando il tg raccontava i fatti, ho visto e sentito tutto.

Mafie varie, terroristi nazionali o internazionali, anarchici o pazzoide isolato... e il perchè...francamente m'importa poco, adesso. Io penso a lei che non c'è più, alle altre ragazze e alla scuola. La scuola come alter ego della casa, dove si prepara il futuro, qualunque esso sia. Penso alla paura che ho, ma che non diventerà dominante se si proverà che è -di nuovo- strategia del terrore, e penso alla dignitosa manifestazione del pomeriggio, ma...

Sarà perchè in questo periodo sono emotivamente instabile; sarà forse perchè ultimamente mi è capitato spesso di ripensarmi com'ero a sedici anni; o magari sarà perchè Brindisi è solo a una ventina di chilometri dal mio paesino; o probabilmente sarà solo perchè è veramete una tragedia nazionale, segno di un Paese seriamente pericolante... ma non mi riesce di smettere di piangere.

giovedì 10 maggio 2012

Amore e Eternità


‘… e vissero per sempre felici e contenti’. Così finisce la stragrande maggioranza delle fiabe con principesse e principi azzurri che dolci bimbi ascoltano quotidianamente, crescendo però con un’idea un pizzico distorta sull’amore, e sul per sempre, per non dire eternità.

Magari esiste anche l’amore delle fiabe, con il principe azzurro e la principessa in difficoltà, che poi rimangono felici insieme, per sempre… ma, a parte che anche loro nella vita reale non sono estranei a problemi di vario tipo, normalmente i principi destinati non esistono. 

Esistono amori, grandi o piccoli; amori in corso o finiti; amori clandestini o sotto la luce del sole; adolescenziali o di persone ormai ‘mature’… amori che magari hanno un loro happy and, o magari anche no. Ma sono tutti, a loro modo, amori eterni.

Infatti sto facendomi convinta che il concetto di ‘per sempre’ o di ‘eternità’ non è tanto direttamente proporzionale alla reale durata ‘metrica temporale’, ma quanto alla reale sincerità dei due protagonisti. 

Lo so, può sembrare puro surrealismo, e probabilmente lo è, ma –mi chiedo- altrimenti perché alcuni ricordi di momenti particolari danno sempre gioia anche se il rapporto è concluso? Oppure perché a volte si ha l’impressione di rivedere un preciso ricordo come dentro un film, tanto è intenso ma anche –ormai- lontano?

Ragionando su questi interrogativi, sto convincendomi che dopo tutto l’eternità dell'amore può essere diversa da come le fiabe ce l'hanno raccontata.. Esiste un qui e un ora, che se condiviso con pari amore, anche se questo poi finisce, crea un momento che in qualche modo continua a vivere autonomamente in una sorta di realtà parallela. Per sempre, nell’eternità.