domenica 6 novembre 2011

Sul Nilo e nel deserto in Egitto

Polveroso e caotico, il 'mio Egitto' l'ho riconosciuto subito, quando dall'aereo che atterrava, l'ho visto tra le deboli nuvole che coprivano il Cairo.

Sì, di nuovo in Egitto, ma questa volta per una mini crociera sul Nilo: il mio sogno.

Un sogno che è stato come mi aspettavo: la dolcezza del Nilo, il grande, imponente Nilo, incorniciato da palmeti e coltivazioni, arrossato dal tramonto e navigato dalle silenziose feluche. Ogni tanto dei bambini a giocare con il pallone sulla riva, e casupole o piccoli villaggi di misere case in mattoni crudi, a sfilare come immagini di un set cinematografico. Ma chi sfilava, in realtà, eravamo noi, sulla nostra splendida MayFair, a bere the, mentre la voce del muezzin ci affascinava, tenendo loro nel loro mondo, sulle rive del grande Nilo, e noi nelle nostre fascinazioni.

Poi la nave si fermava e sulle rive del grande Nilo, si andava alla scoperta degli antichi, antichissimi fasti di una civiltà estinta...

I templi di File, anche loro spostati per salvarli dalle acque della diga, incorniciati da montagne di granito, che -credimi- fanno somigliare il paesaggio alla Sardegna; o quelli di Esna e Edfu, dove cominci a intuire la vera imponenza delle costruzioni antiche e scopri mistiche scalinate nascoste tra le stanze; o la splendida Kom Ombo, dove le pitture sono ancora visibili e al tramonto vibrano, vivendo di luce insieme ai blocchi di pietra lavorata.

Ma è a Luxor, la splendente che fù Tebe, dove il tempio di Karnak con orgoglio regale costringe il visitatore ad essere guardato dal basso verso l'alto, intimidendolo, mentre commosso dall'imponente e possente colonnato, che sembra realizzato ieri, tanto - a tratti- i basso rilievi sono ancora intatti,il visitatore cammina tra i resti del fasto che è passato.

Avere la possibilità di girare nel grande complesso senza la fastidiosa compagnia di orde di altri turisti è una vera esperienza: pennuti egizi di varie dimensioni a cinguettare dall'alto di un architrave istoriato a geroglifico, mentre il vento parla tramite la kefia che protegge la testa dal forte sole... e tu seduto contempli intorno, e se non fosse per qualche passante in galabia e turbante, l'illusione di esser soli sarebbe felicemente reale. Mentre pensi che il Colosseo ha qui in Egitto un degno antagonista architettonico. E che dopo tutto, forse, gli extra terrestri esistono: qui è tutto così 'troppo'.

Ma l'emozione più assoluta, intensa, ed intima, è il deserto che la regala. Un deserto che a Occidente del grande Nilo è già Sahara, ma che per molti chilometri conserva le caratteristiche rocciose del deserto orientale, quello verso il Mar Rosso.

Cinque le ore di pullman per arrivare all'Oasi di Kharga, da Luxor, ma che le valgono tutte.

Non è l'oasi dei film, con quattro palme e una pozza d'acqua: è un'ampia zona, perfettamente antropizzata, che però sorge nel nulla di un deserto, dove solo qui è là ti regala la sorpresa di grandi dune sabbiose. Ma se mentre le osservi dal finestrino impolverato del pullman, nelle orecchie ti arrivano, regalo inaspettato, le note di Desert Rose, difficile, veramente difficile, contenere l'emozione.

Ma qui e là, a pochi minuti fuori il centro abitato, non solo dune: anche la meraviglia del complesso cimiteriale di El Bagawat. Legato alla figura di Nestorio, condannato come eretico a Efeso nel 430 e rifugiato nell'area di Kharga, oggi questa necropoli, che sembra una piccola città, stupisce i moderni viandanti per l'armonia greca delle forme e la resistenza delle sue mura, che pure a toccarle con mano si sbriciolano tra le dita...

Ovunque, oltre le case-tumolo di El Bagawat, è deserto. E certo non deve essere bello perdercisi o marciarci come Lawrence d'Arabia o gli arruolati nella Legione Straniera, ma a piccole dosi, con la certezza di poterlo fuggire, il deserto è meraviglioso.

Nel campo tendato Tabuna Camp, a sessanta chilometri da Kharga, nell'area conosciuta come Dush, è possibile allontanarsi nel deserto quel tanto da essere ancora visti, ma non disturbati.

Una spianata di deserto polveroso, con miriadi di sassolini colorati di bruno su cui sederti, mentre il vento - qui più forte-, sbatte la kefia come una bandiera; luce accecante ovunque, a far piangere gli occhi nudi, e di fronte, loro: le dune che immobili cambiano forma, mentre china ai suoi piedi la Fata Morgana brilla di illusione liquida. E allora può capitare di comprendere gli eremiti e i profeti del Vecchio Testamento, facendo sembrare la civiltà un fastidioso richiamo.

Forse ora mi chiederai se non ho avuto paura ad andare in Egitto con gli echi dei venti di rivoluzione che arrivano confusi oltre Mediterraneo... no, ti rispondo.

No perchè, sebbene abbia poca esperienza vera e diretta con gli egiziani, è però abbastanza da sapere quanto questo popolo sia consapevole dell'importanza economica di noi turisti; no perchè, anche quando andai a febbraio, con la rivoluzione appena finita, non ho mai visto nulla di preoccupante.

Ma la verità è che mi piace troppo fare le valige e andare a vedere....

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