mercoledì 15 dicembre 2010

Mal d'Africa

Ogni volta che parto non mi documento sulla destinazione: amo lasciarmi stupire da ciò che vedrò. Ma se vai in in Africa, quella profonda, non puoi farlo, ed io ho pagato pegno con notti insonni. Poi però tutto diventa normale, nell'ordine naturale della Terra Madre.

L'uomo del kenya, Ferruccio, mi aveva avvertito che mi sarei stranita, cercando di spiegarmi a cosa andavo incontro. Ma non è bastato: la prima notte nella tenda di lusso nel cuore del Masai Mara l'ho passata a sentire i leoni che ruggivano, i primati che urlavano ed altri animali zompettarmi sul tetto, oltre al timore che qualcuno potesse tirare la lampo della tenda ed entrare. In pratica ho avuto paura. Quella paura totalizzante, per cui hai l'assurda convinzione che muovi un muscolo si scatena il finimondo... Ma le notti successive il timore si è trasformato in fascino, svegliandomi nel buio pesto della notte proprio per ascoltare la vita notturna della savana: la tenda era diventata un luogo privilegiato. Il mio, luogo privilegiato.

Le mattine, ubriaca di sonno, cominciavano con il safari delle 6.30. La savana lentamente si svegliava: gazzelle, gnu e zebre in ogni angolo a brucare, mentre da dietro un cespuglio sbucavano le giraffe, splendite, eleganti e leggere. Poi la guida prendeva il binocolo, guardava e ti portava a vedere le leonesse. Ma anche a loro non ero preparata, nè ad osservarle da vicino. Immagina dunque il mio stranimento quando l'autista ha portato la jeep dentro un branco di leonesse. Ora, questa land rover era aperta, con solo dei roll bar a protezione, sicchè le belve potevano saltare dentro. E poco m'importava il don't worry dell'autista, e le spiegazioni di Marta viaggiante che i leoni ci percepiscono come un grosso animale, a patto e condizione che stai tranquillo, seduto e soprattutto non scendi: io vedevo sempre la leonessa saltare dentro la jeep, e continuavo a chiedere di non stare così vicino, ma l'autista proseguiva ad avanzare, fermandosi poi sulla riva del fiume, indicandolo giulivo come il Mara River: credo stia ancora chiedendosi che significa il mio "e sti cazzi". La tranquillità dell'autista e di Marta viaggiante, oltre che di Simona la mia salvatrice, era dovuta non solo all'esperienza, ma anche al fatto che i leoni avevano mangiato: una di loro ancora bancettava di uno gnu. Inutile descrivere la perplessità mia, di Elisa l'organizzatrice e di Annalisa l'osservatrice silenziosa....
Ad un tratto silenziosamente osserviamo che sulla sponda opposta incauto si avvicinava uno gnu. Muscoli felini a tendersi, ruggiti sommessi, scatto pronto: il povero gnu dopo un tentennamento attraversa il fiume, e finisce in bocca alla leonessa. Un attimo, un momento, e l'animale è assaltato dal branco che lo stendono spezzandogli il collo, senza fretta, però. Brutale, feroce ed implacabile, questo è stato, ma inevitabile e nell'ordine naturale delle cose. Non mi sono scomposta, nè dispiaciuta per il povero animale: neutrale spettatrice capivo che così è, semplicemente. Inoltre mi sosteneva la consapevolezza che in savana nulla va perduto, ed una vita stroncata non è persa mai, perchè di sotegno ad altre vite.

Sì, i felini sono la cosa più spettacolare della savana. Come i ghepardi, splendidi miciotti che osservavamo mentre marcavano il territorio, si facevano le unghie sugli alberi e coprivano i loro bisogni. Poi uno di loro si avvicina alla jeep, l'annusa, l'aggira e poi scambia un lungo ed intenso sguardo con me, che ora invece sto lì serena, tranquilla, senza paura... ma solo quando si è allontanato ho capito di aver guardato negli occhi una belva, e che quello sguardo rimarrà inciso nell'anima dei miei ricordi.

Terra di contrasti il Kenya, con i Masai che vivono in capanne di sterco e fango, ma vanno in giro con fuori strada da oltre 50 mila euro e cellulare. Terra dove ti perdi ed i tuoi punti di riferimento si dissolvono con il primo sole che esce dopo cinque giorni di pioggia...
La pioggia è stata la nostra vera dannazione: fuori stagione ci faceva compagnia la notte e nelle prime ore della mattina, ma un pomeriggio si è abbattuta su di noi senza pietà, con la copertura stesa grossolamente da cui filtrava l'acqua: pomeriggio trascorso a spiegare le ricette tradizionali della mia Puglia, ai terroni del nord compagni di viaggio, mentre tornavamo alla casa tendata.

Terroni del nord: i miei compagni di viaggio venivano tutti da lì, e sono stata fortunata: sono stata bene con tutti, anche con Alessandro il reazionario, a cui più di una volta avrei spaccato la sedia in testa. A Simona la mia salvatrice, devo la maglia a maniche corte, mentre rischiavo l'evaporazione nell'unico giorno in cui ero rassegnata alle nuvole e invece è uscito un fortissimo sole, e la crema che ha stroncato l'insorgere di un inconsueto herpes sul labbro. Indimeticabile la chiaccherata con Annalisa l'osservatrice silenziosa, in veranda a fumare, mentre sotto scorreva il fiume. Dolcissima Elisa l'organizzatrice, che ha dato il massimo per darci il meglio. Divertentissima Marta viaggiante, con i suoi racconti dei mille viaggi fatti. E Ferruccio l'uomo del Kenya, che paziente mi spiegava il Masai Mara e cosa avrei visto, perplesso da come una giornalista partisse per un viaggio ignara di tutto... insieme abbiamo trascorso dieci giorni, condividendo emozioni ed esperienze comunque forti.

Il mal d'Africa è arrivato, e la nostalgia è anche per loro.






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