domenica 27 febbraio 2011

Bagliori di sole al Cairo

. Le teche polverose, di oltre un secolo fa, posizionate nello stesso modo ordinato, con i reperti al loro interno meticolosamente disposti, sono ancora là. La gente nelle sale e nei corridoi è poca: il Museo Egizio del Cairo assume così un'aria surreale, quasi magica, mentre bagliori di sole scolpiscono nuovamente i geroglifici sulle steli, restituendogli nuova vita.
Nulla sembra turbare il secolare riposo di pietre e regnanti; nulla lascia pensare che pochi giorni fa questo luogo incredibile di arte e storia sia stato profanato. Lì il tempo è fermo ed i faraoni regnano ancora.

Ma fuori, su piazza Tahrir, le cose sono diverse: il palazzo con la sede del partito di Mubarak, attiguo al museo, offre i suoi prospetti anneriti di fumo e cenere: sì i segni della rivoluzione del 25 gennaio sono evidenti.

Eppure la gente è serena: la vedi per le strade che vive normalmente, senza apparenti ansie, nè paure. E a parlare con più d'uno, ti accorgi che sorridono di un sorriso vero, pieno di speranza. E anche se la piazza è ancora sede di manifestazioni, non sembra esserci pericolo: gli egiziani ti guardano lieti, cercando di farti capire che va tutto bene. Nonostante tutto.
Un tutto notoriamente gestito dai miltari che hanno imposto il comprifuoco dalle 24 alle 06.
La notte del 26 al Cairo (la prima per noi della delegazione invitata) è passata tranquillamente, mentre mi chiedevo dove fossero i militari e come fosse possibile che il coprifuoco fosse ignorato. Ma la mattina successiva sono arrivate notizie -riportate anche dal Corrire.it-, di scontri tra i manifestanti e i militari che volevano far rispettare il coprifuoco.
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I sorrisi egiziani della ricostruzione non bastano a sanare da subito una situazione delicata, in cui tutto è possibile. E' incredibile che a dirlo sia io, ma i militari hanno l'obbligo, non solo governativo, ma anche morale, di mantenere l'ordine.
Le manganellate non sono mai una bella cosa, ma in questo caso giudicare male è troppo facile.
E' altrettanto evidente che la democrazia e la libertà saranno beni che solo in un futuro, temo remoto, gli egiziani impareranno ad amministrare e a vivere, ma l'importante è che facciano qualcosa proprio per costruirlo questo futuro. Senza perderlo mai di vista come obiettivo condiviso.
Ad ogni modo -che io sappia- gli scontri sono rimasti isolati a piazza Tahrir: il resto della città, per quello che si è visto da un pullman, appare veramente tranquillo, con uno spiccato senso civico: non è raro infatti vedere giovani ragazzi al centro degli incroci che cercano di sciogliere i terribili ingorghi di cui Il Cairo soffre, ormai endemicamente.

La Farnesina tiene ancora lo sconsiglio sulla città -non sul Mar Rosso-, anche se onestamente mi sembra esagerato: certo bisogna fare attenzione, ma non maggiormente che altrove. Inoltre l'Egitto è affamato di turismo: se già prima erano coccolati, ora i turisti sono disposti a viziarli. Ma scordiamoci le vacanze a Sharm a 400 euro in bassa stagione: la rivoluzione significa anche retribuzioni più alte, quindi un prossimo aumento dei costi per i turisti.
Il chè è, onestamente, giusto.

Intanto le statue del Museo Egizio sembrano soddisfatte dai bagliori di libertà che entrano con il sole.

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