mercoledì 21 novembre 2007

Vita da cani - ovvero quando l'Arte muore

In poche ore la notizia ha fatto il giro del mondo: Guillermo Habacuc Vargas, artista sudamericano, ha esposto l'agonia di un cane. L'animale, legato in un angolo espositivo, è stato lasciato morire di stenti. Facile da immaginare lo sconcerto e lo sdegno piovutogli addosso da ogni parte del mondo....
Habacuc Vargas pare sia uno stimato artista d'arte contemporanea, invitato a rappresentare il suo paese alla Biennale Centroamericana 2008.
In relazione alla morte del cane, avvenuta in un spazio destinato all'Arte, Adnkrons riporta quanto segue.

In un'intervista rilasciata a la 'Nación', [Vargas] ha dichiarato: "Lo scopo del lavoro non era causare sofferenza alla povera innocente creatura, bensì illustrare un problema. Nella mia città natale, San Josè, Costa Rica, decine di migliaia di randagi muoiono di fame e malattia e nessuno dedica loro attenzioni. Ora, se pubblicamente mostri una di queste creature morte di fame, come nel caso di Nativity, ciò crea un ritorno che evidenzia una grande ipocrisia in tutti noi. Nativity era una creatura fragile e sarebbe morta comunque su una strada (...)
In un comunicato diffuso via web (Vargas nds) afferma che ‘Sei quello che leggi’ non verrà più chiamata "opera d'arte", in segno di rispetto verso quanti si sono sentiti offesi. Ha ammesso l'errore ed ha affermato che avrebbe dovuto salvare il cane invece di lasciarlo morire. E chiede a tutti di accettare le sue scuse.

(http://www.adnkronos.com/IGN/Esteri/?id=1.0.1493196412)

Le scuse, però, le ha poste quando dalla Biennale hanno posto qualche problemino in merito all'installazione...
Al sig. Habacuc Vargas, che avrebbe voluto rappresentare l'indifferenza e l'ipocrisia umana, consiglio di farsi un giro nel mondo per conoscere le vere tragedie che meritano di essere rappresentate. Può andare in Ucraina, dove esplosioni ricorrenti in miniera hanno prodotto 4.700 morti in 15 anni *; oppure può andare ad osservare la schiavitù alimentare africana: entrambe le situazioni sono uno schiaffo in faccia all'orgogliosa tecnologia del 2000, ed un cazzotto nello stomaco soddisfatto della civiltà occidentale.
Un lavoro di documentazione artistica sarebbe auspicabile, in quanto l'arte si metterebbe a servizio della vera denuncia sociale; ma se la situazione dei cani randagi di San Josè sta così a cuore al sig. Habacuc Vargas, un bel video shoc avrebbe (avuto) un effetto migliore.

L'arte, anche contemporanea, è ben altro. E' provocazione e racconto, è rappresentare un'emozione, un'idea, invitando gli osservatori a fermarsi per riflettere su aspetti non focalizzati della realtà. E naturalmente può essere anche denuncia.

Ho cercato sul web qualche altra informazione su Habacuc Vargas, qualche altro suo lavoro: non l' ho trovato.
Evidentemente la vita di un cane poteva essere sacrificata sull'altare della fama internazionale.

* dati illustrati dal corrispondente russo del TG1 lo scorso lunedì, nell'edizione delle 13.30.

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